Ex Etruria,i big dal Gip per falso in prospetto: ma l'udienza slitta a gennaio

E' emerso un difetto di notifica e quindi la necessità di far scivolare l'udienza preliminare di un mese: al centro Fornasari, Bronchi e Canestri

Manifestazione risparmiatori Banca Etruria

Manifestazione risparmiatori Banca Etruria

Arezzo, 6 dicembre 2018 - Il 30 novembre 2016 furono assolti dall’accusa di ostacolo alla vigilanza di Bankitalia (ma ancora è pendente l’appello): oggi dovevano ritrovarsi davanti al Gup, stavolta per l'accusa di falso in prospetto per le due emissioni di subordinate del 2013 poi azzerate dal decreto salvabanche del 22 novembre 2015: 130 milioni di titoli ridotti a carta straccia.

Dovevano. Perché è emerso un difetto di notifica, un classico delle procedure giudiziarie: e così l'udienza è slittata di colpo all'anno nuovo. Il prossimo appuntamento è infatti per il 15 gennaio.

Al centro ancora loro, Giuseppe Fornasari, già presidente di Banca Etruria, Luca Bronchi, ex direttore generale, e David Canestri, direttore centrale e responsabile del risk management. 

Il pool dei Pm aveva inviato a maggio l’avviso di chiusura indagini. E  in giugno, trascorsi i venti giorni canonici previsti dal codice, erano partite le richieste di rinvio a giudizio, con l’accusa appunto di concorso in falso in prospetto, reato previsto dall’articolo 173 bis del Tuf, il testo unico finanziario. Con tanto di data per l'udienza preliminare, fissata appunto per oggi.

Di cosa devono rispondere? La questione è molto tecnica. La legge prevede che quando viene predisposto un prestito obbligazionario, chi lo emette invii a Consob un prospetto con tutte le informazioni atte a consentire agli investitori di valutare la qualità del titolo e il suo rischio. Accadde anche, nella primavera 2013, prima delle due emissioni dell’estate e dell’autunno, per le famose subordinate con le quali Etruria contava di prendere un po’ di respiro dalla sua drammatica situazione finanziaria e di rimettere in sesto un patrimonio di vigilanza ridotto al lumicino.

Il Cda, nella seduta del 15 marzo 2013, ne delegò la redazione al Dg Bronchi e alla struttura esecutiva. Il che ha salvato i consiglieri semplici dell’epoca, compreso il più famoso a posteriori, Pierluigi Boschi, dal finire indagati.

Destino che invece è toccato allo stesso Bronchi, al dirigente che per compito istituzionale si occupava dei «fattori di rischio», cioè Canestri, e a Fornasari, col quale evidentemente i Pm ritengono che Dg e direttore centrale si siano concertati. Tutti e tre avrebbero «occultato dati e notizie sulla situazione patrimoniale e finanziaria...in particolare in merito alla posizione di liquidità rilevata da Banca d’Italia con le lettere del 24/07/2012 e 3/12/2013 in modo da indurre i destinatari sul prodotto finanziario e sul suo costo effettivo...e dunque sul valore di mercato».

In sostanza, col silenzio sui due richiami del governatore Ignazio Visco, i risparmiatori sarebbero stati ingannati sul rischio medio delle obbligazioni e sul tasso di interesse basso, tipico di «investimenti conservativi». Il prospetto fornito al mercato, insomma, non dava idea della pericolosità dei titoli. Gli azzerati lo avrebbero scoperto due anni dopo a loro spese. Perdendo tutto.