Da Etruria un superfido al tesoriere del boss Denaro: prestito tramite Rigotti

L'episodio rientra nel filone della bancarotta fraudolenta. L’operazione è costata l'avviso di chiusura anche a tre componenti del collegio sindacale per il crac dell'ex Bpel

Alberto Rigotti

Alberto Rigotti

Arezzo, 3 agosto 2018 - Esce il denaro dalla ex Banca Etruria e dove va a finire? A una società di Giuseppe Savalle, l’imprenditore a cui i finanzieri del Gico e i carabinieri del Ros di Palermo hanno sequestrato beni per sessanta milioni di euro ritenendolo il tesoriere del boss di mafia MatteoMessina Denaro. L’operazione, coordinata dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dal pm della Dda di Palermo Piero Padova su provvedimento del tribunale di Trapani, è scattata ieri mattina. Il deus ex machina della spericolata dazione - un finanziamento da 1,5 milioni - è un personaggio più volte rimbalzato agli onori della cronaca, Alberto Rigotti (nella foto), imprenditore trentino che ha fatto parte del cda di Bpel. E’ l’uomo che nel drammatico consiglio del 2009 spostò con il suo voto l’ago della bilancia dalla parte di Giuseppe Fornasari contro lo storico presidente Elio Faralli.

Il finanziamento alla «Mediterranea spa» del gruppo Sicily House di Savalle, occupa un paragrafo rilevante nell’avviso di chiusura indagini per la bancarotta bis inviato nel maggio dello stesso anno a Rigotti che anche per questo è sotto processo con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Con lui i destinatari dell’avviso erano stati i sindaci Mario Badiali, Saro Lo Presti e Azelio Senserini, per i quali l’accusa è di bancarotta semplice. Rigotti partecipava al capitale della Sicily House con il 38% delle quote attraverso la «Abm Merchant». Alla votazione per la concessione dei fondi, in data 13 settembre 2006 (presidente Faralli che se in vita sarebbe stato indagato), Rigotti non partecipò in quanto in conflitto di interessi.

Il capo VI dell’avviso ricostruisce il meccanismo del finanziamento, ovvero l’erogazione di 1,5 milioni alla «Sicily House» pur «in assenza di idonee garanzie» a «un soggetto privo di adeguata capacità economica». E questo, secondo la procura, «con la consapevolezza dell’impossibilità che detti finanziamenti venissero onorati dalla beneficiaria».

La concessione del fido in conto corrente di 1,5 milioni arriva «a fronte di una garanzia del tutto incapiente», attraverso «un pegno su obbligazioni della Abm netwok Investment del valore di 850 mila euro (peraltro emesse dalla stessa Bpel ed acquistate dalla predetta Abm con disponibilità finanziaria concessa dalla stessa Bpel». In sostanza, la procura sottolinea che si tratta in pratica di una partita di giro, la società di Rigotti acquista obbligazioni della banca con denaro che arriva da via Calamandrei.

La finalità del finanziamento viene indicata come «affidamento di natura finanziaria per sostenere le attività della controllata società Mediterranea Spa». Gli atti relativi al fido concesso a Sicily House erano stati richiesti per l’acquisizione dalla procura di Palermo a quella di Arezzo.

Spiegano ancora gli investigatori della Finanza che Rigotti «avrebbe indotto il cda e il collegio sindacale a concedere il prestito nonostante lo stato di decozione della società. Savalle portò in Banca due scatole vuote e ottenne lo stesso il mutuo». E a proposito di scatole: da quella dell’ormai defunta Etruria continuano a uscire sorprese in serie, perfino un finanziamento a colui che gli inquirenti ritengono il tesoriere di Messina Denaro.