
FRUGANTI
Arezzo, 15 ottobre 2021 - Banca Etruria resta in piedi, e lo fa nonostante le assoluzioni per il crac e il sequestro conservativo. Lo ha deciso il tribunale – presidente Gianni Fruganti – dopo l’istanza presentata dalle difese di alcuni ex amministratori dell’istituto di credito che volevano tornare in possesso di terreni, case fondi e terreni appartenenti a personaggi noti e meno noti che in Bpel hanno avuto ruoli di vertice, amministrativi e professionali per un valore complessivo all’epoca stimato in circa 12 milioni di euro.
Stringato il provvedimento emesso nelle ultime ore: il tribunale cita infatti l’articolo 317 (quarto comma) del codice di procedura penale che stabilisce che «gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione». E quindi, siccome le 22 assoluzioni «perché il fatto non sussiste» – e una sola condanna nei confronti del finanziere trentino Alberto Rigotti a sei anni di reclusione – è stata pronunciata in primo grado e la procura di Arezzo ha già annunciato appello, una volta che saranno rese note le motivazioni del verdetto, i sigilli seppur virtuali restano in vigore fino a quando l’eventuale assoluzione non diverrà tombale.
E quindi c’è ancora da attendere. Le istanze di sequestro, in particolare, erano state presentate da Corrado Brilli per Mario Badiali (ex presidente del collegio revisori dei conti), dall’avvocato di Giampaolo Crenca, ex cda, Paolo Veneziani e da Grazia Volo per Augusto Federici, ex Ad Sacci ed ex Cda. La vicenda del sequestro conservativo parte nel marzo del 2019 mentre gli ex vertici sono già nel mirino dei creditori con un’azione civile di responsabilità intentata a Roma e tuttora in corso e quando si sta per aprire il maxi-processo. Per 16 dei 25 allora imputati il tribunale dispone il sequestro: una forma di blocco patrimoniale a garanzia dei risarcimenti che dovessero essere decisi in caso di condanna. L’istanza viene avanzata dal commissario liquidatore della vecchia Etruria, l’avvocato Giuseppe Santoni, a suo tempo nominato da Banca d’Italia.
Fuori dal sequestro erano rimasti l’ex presidente Giuseppe Fornasari e l’ex Dg Luca Bronchi per i quali il Gup Giampiero Borraccia, competente per i condannati del rito abbreviato, aveva rigettato l’istanza Ma la storia del blocco prosegue a singhiozzo: il Riesame inizialmente conferma il sequestro che sarà poi annullato in Cassazione (con rinvio ad Arezzo) e nuovamente ribadito da un altro collegio del Riesame nel febbraio del 2020. Quindi a sentenza si arriva il primo ottobre scorso con i sigilli ben saldi in svariate proprietà, comprese abitazioni personali degli allora imputati. Ma, è cronaca recente, i giudici pronunciano sentenza di assoluzione ’per non aver commesso il fatto’ nei confronti di 22, tranne Rigotti dando speranza di far venire meno il vincolo. Il grosso però sta nella causa civile che ha subito uno stop.
Il liquidatore infatti aveva fatto un lungo elenco di danni, addebitandoli ai singoli, e chiedendo il sequestro in sede penale per i capi di imputazione non contestati nell’azione civile. La graduatoria era guidata proprio da Rigotti per un totale di 116 milioni. Nel frattempo infatti è tutta da rifare la citazione in sede civile davanti al tribunale delle imprese di Roma in cui lo stesso liquidatore chiede a una marea di ex amministratori e dirigenti la cifra record di 570 milioni di danni. Il procedimento è ancora ai blocchi di partenza perchè la morte questa estate di Enrico Fazzini, ex Cda (poi assolto post mortem) ha fatto ripartire tutto daccapo.