"Col mio vino aiuto le vittime dell’omofobia" Bruno Tommassini, una vita controcorrente

Stilista e imprenditore amico dei Vip: "In Italia sono stati fatti passi avanti ma la strada da percorrere è ancora lunga"

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di Federico D’Ascoli

Stilista, imprenditore della moda, attivista dei diritti gay e anche vignaiolo.

"Mi sento un privilegiato, con mio marito Edoardo abbiamo deciso che fosse giusto restituire qualcosa a chi invece non ha voce". Bruno Tommassini ha la voce squillante e l’entusiasmo di un ventenne, amico dei Vip del mondo dello spettacolo (a partire da Myrta Merlino), è uno stilista di grido con le sue borse e soprattutto aiuta le associazioni impegnate a diffondere cultura contro chi discrimina grazie alla sua azienda Prodigio Divino.

"La guerra in Ucraina è il grande fallimento di quest’epoca – sospira – siamo tornati indietro di un secolo. Credevamo che la globalizzazione fosse un qualcosa che ci proteggesse da questi orrori ma purtroppo ci eravamo sbagliati".

L’azienda si trova nei dintorni di Marciano, con vigneti anche a Montepulciano, la coppia di stilisti ha iniziato qualche anno fa a produrre vino un po’ per gioco. Poi nell’avventura imprenditoriale si è aggiunto anche Fabio Canino, amico e testimonial d’eccezione.

Tommassini, con lei si brinda per beneficenza.

"Il nome dei vini: Vinocchio e Uvagina è ironico ma non per questo facciamo un prodotto banale. La più bella soddisfazione è quando le persone che pensano di fare solo beneficenza senza aspettative e invece si ritrovano a bere un vino di qualità".

Quali sono i progetti per il futuro?

"Far crescere la produzione che comprende anche dei prosecchi e aumentare la nostra visibilità. Questo ci darà la possibilità di essere ancora più vicini alle associazioni che lavorano nelle città e nelle scuole contro il bullismo. Ci sono due strade da percorrere: intervenire su chi prevarica l’altro e aiutare la vittima. L’obiettivo di una società accogliente non è irraggiungibile".

Avete finanziato diverse iniziative grazie alle vostre bottiglie... ce ne elenca qualcuna?

"Vado in ordine sparso: dal Passioni Festival allo Youth Pride Camp dell’Arcigay, dall’associazione contro l’omofobia Maima alla Diversity di Francesca Vecchioni, dal Queer Lion alla Mostra di Venezia fino al Mengo Music Fest e all’Istituto Agazzi, dalla Sempre Avanti Juventus di Firenze fino alla casa di produzione Articolture per il film “Zen sul ghiaccio sottile”, diretto da Margherita Ferri e premiato a Venezia".

Nel 2009 fondò l’Arcigay di Arezzo, una vera rivoluzione per una città di provincia. Ci racconta il suo coming out?

"Vivevo in una piccola realtà come Bettolle: avevo tredici anni ed ero già fidanzato con uno. La mia situazione era chiarissima: mi chiamavano Brunino. Un diminutivo che nascondeva una punta di perfidia. Sono gli atteggiamenti che anche oggi creano disagio e sofferenza nelle persone più fragili. Per quanto riguarda l’Arcigay ho deciso di metterci la faccia per dare coraggio a tante persone a uscire allo scoperto dalla loro condizione. Sa come li chiamavo? I vampiri: gay di notte e etero di giorno...".

Nel frattempo continuate a essere stilisti delle borse...

"La moda è un’industria in cui il processo creativo è fondamentale. Abbiamo disegnato migliaia di borse e mi chiedevo: dove cavolo vanno queste borse? Poi ho capito che per le donne sono un elemento fondamentale dove mettere tutto il loro mondo. Mi viene in mente una frase famosa di Della Valle: “Le donne indossano un tacco dodici ma dentro le borse nascondono i mocassini”".

Cosa deve fare un giovane per diventare stilista?

"Fare pratica, imparare il lavoro in bottega. Bisognerebbe ragionare su quante aspettative esagerate vengano spesso riposte da molti giovani in istituzioni accademiche, anche molto costose, che non sono in perfetta armonia con il nostro sistema produttivo. L’aspetto fondamentale è l’esperienza quotidiana, con i maestri che ti spiegano il mestiere".

Lei è anche stato presidente regionale di Federmoda Cna. Il settore, come molti altri è in difficoltà. Che ne pensa?

"È mancata una regia efficace e risposte adeguate alla nuova sfida dei mercati. Non possiamo confrontarci con armi tradizionali con quei paesi che lavorano l’oro e la pelletteria con manodopera a bassissimo costo. La differenza la fa l’abilità, la fantasia, la ricerca continua dalla creatività: è questo il valore che possiamo davvero vendere. La moda è anticonformismo per natura. Quindi la spinta a creare è simile alla spinta che ti viene dalle battaglie per migliorare il mondo. L’amore per ciò che si fa è il primo ingrediente. Nessuno lavora per trent’anni nel campo creativo senza avere passione per quello che fa".