"Anche il vino nella bufera ma ci aiuta l’e-commerce"

Tommaso guarito dal Covid: "La prima cosa dopo la malattia è stata quella di correre in azienda a respirare il profumo del sangiovese". Le strategie

di Lucia Bigozzi

La prima cosa dopo l’ultimo tampone negativo è stata correre in azienda e respirare il profumo del vino. Tommaso Ravaglioli, 37 anni, guida insieme allo zio Alberto l’azienda agricola sulle colline di Lucignano con ventisette ettari di vigne. "Respirare" il profumo del Sangiovese è stata la necessità impellente dopo il Covid che ha costretto tutta la famiglia, sua e di Alberto, all’isolamento. Da casa Tommaso ha gestito consegne, contabilità e contatti, "ma è un’esperienza che lascia il segno e ti fa capire quanto sei vulnerabile, anche se io e la mia compagna non abbiamo avuto sintomi gravi". Quanto basta, però, per stabilire una nuova regola: "Se prima di prendere il virus stavamo molto attenti, adesso lo saremo tre volte tanto ed è un consiglio che rivolgo a tutti".

La Leopoldina di fine Ottocento è la casa dove da oltre cinquant’anni i Ravaglioli producono vino "come fosse una religione". Tutto fatto a mano, artigiani della vigna e della cantina, solo trentamila bottiglie all’anno perché "puntiamo sulla qualità con selezione delle uve in pianta e nelle fasi di trasformazione" spiega Tommaso che come ogni vignaiolo fa i conti con il mercato nazionale ed europeo in stand by per la pandemia. A Lucignano, classificato tra i Borghi più belli d’Italia, da più di un anno non si vedono winelovers e la sala della Leopoldina con il grande focolare a parete è rimasta vuota e muta, niente degustazioni e allegria. Tommaso non si è fermato e del resto nessun imprenditore può tirare i remi in barca senza prima provare a governare la tempesta; così il suo Sangiovese e il blend top di gamma con Sangiovese e Merlot viaggiano sulle piattaforme e-commerce e navigato nel ‘mare’ dei social.

"Tutto va a rilento, dalla grande distribuzione ai canali aperti in Italia, Belgio, Francia, Germania. Il vino non ‘gira’ come dovrebbe e sono convinto che alla ripartenza si scatenerà una concorrenza spietata soprattutto da parte delle grandi aziende che per alleggerire il carico di bottiglie invendute in cantina, lanceranno promozioni a prezzi stracciati", spiega Tommaso che ha retto l’onda d’urto del Covid investendo su una consuetudine diffusa in Valdichiana: il commercio di vino sfuso. Un filone della produzione che "ha fatto registrare un aumento della richiesta stimabile attorno al venti per cento. Siamo contenti perché portiamo avanti una tradizione e offriamo un vino di livello con un giusto rapporto qualità-prezzo".

La storia dell’azienda è racchiusa tra le barbatelle piantate nel 1965, oggi custodite nella cantina scavata nel tufo, insieme agli antichi torchi in una sorta di piccolo museo della memoria. Tommaso avrebbe dovuto sposarsi con Sharon tra pochi giorni, in aprile, ma "il Covid ha rovinato la festa e abbiamo rinviato il matrimonio a ottobre". Per allora, il Sangiovese avrà completato l’affinamento nei tonneaux e "brinderemo alla rinascita".