Quei precari obbligati della scuola

Il commento

Alberto Pierini

Alberto Pierini

Arezzo, 9 marzo 2016 - Suonano ancora, Sam. Suonano ancora ma in piazza, suonano per protesta, suonano per dare uno schiaffo morale a chi vuole spingerli fuori della scuola. I prof dei Licei Musicali scendono in trincea. Sono istituti solidi, beninteso, e che qua e là crescono ancora, malgrado il calo demografico. Però a settembre saranno quasi decapitati. Fuori i titolari dei corsi, quelli che ad Arezzo (uno di quelli pilota) come altrove hanno fatto la storia: chi alle medie, chi di appoggio, chi magari ad aprire le biblioteche.

E dentro i vincitori di concorso. Futuri talenti, speriamo: ma è un po’ come se iniziasse il mondiale di Formula 1 senza Hamilton o Vettel o se in Vaticano facessero le valigie il Papa e tutti i cardinali. Che succede? Semplice. I licei, nati ufficialmente da pochi anni ma in realtà sperimentali da sempre, hanno cavalcato per anni il precariato. Con i prof di punta licenziati a giugno e riassunti a settembre. Mostri sacri, pianisti e concertisti di livello nazionale. Precari quasi obbligati: perché se non esiste una classe di concorso sulla tua materia non puoi essere assunto.

Nel 2015 la svolta: la «buona scuola», le assunzioni a pioggia. Non nei licei ma ovunque. A volte con destinazioni remote: tanto da spingere i più a rimanere con incarico annuale nella scuola dove insegnano da 30 anni. E qui a fare l’anno di prova. Prova, esatto: come prendere il solito Hamilton e rifargli l’esame della patente. Ma chi è di ruolo o in prova non può partecipare al concorso. Largo ai giovani: slogan vincente alle primarie o al voto ma nei fatti spesso un paradosso. I migliori ad aprire le biblioteche e chi deve farsi le ossa in pista. Per questo la protesta dilaga. Ad Arezzo a suon di musica: niente fischietti e cori, suonano in piazza per farsi sentire. Si scrive flash mob, si legge disperazione. Senza marce trionfali. E il ritornello del requiem a girarti in testa.