Tirrenia, la città del cinema e dei sogni (infranti)

Ancora pochi giorni per visitare la bella mostra di Palazzo Blu sugli studi cinematografici 'Pisorno'

Il regime fascista credette molto nell'arma del cinema

Il regime fascista credette molto nell'arma del cinema

Tirrenia (Pisa), 26 giugno 2016 - Ancora pochi giorni per vedere la splendida mostra fotografica "Tirrenia, la città del cinema", dedicata agli stabilimenti cinematografici nati nel 1934 tra Pisa e Livorno (chiamati appunto Pisorno).

Palazzo Blu su lungarno Gambacorti, fino a domenica 3 luglio si può ancora rileggere e ammirare la meravigliosa storia di una "fabbrica dei sogni" che ha portato in Toscana i grandi divi dello schermo, ancora prima di Cinecittà (nata solo nel 1937 per volontà di Mussolini).

Dai primi anni Trenta agli anni Sessanta il grande cinema si realizzava in Toscana. E tutto questo grazie ad una idea, alla tenacia, alla volontà e al coraggio di Giovacchino Forzano, una figura incredibile nel panorama culturale italiano di cui oggi si parla davvero poco; e nonno del giornalista Luca Giurato, del cantautore Flavio Giurato e del grande direttore della fotografia Blasco Giurato.

Nato a Borgo San Lorenzo nel 1883, Forzano studiò al Cicognini di Prato insieme a Gabriele D’Annunzio diventando poi intellettuale, avvocato, giornalista (anche per La Nazione), librettista per Giacomo Puccini, Pietro Mascagni, Ruggero Leoncavallo e appunto deus ex machina nella realizzazione degli studi cinematografici Pisorno, progettato dall’architetto Antonio Valente.

La città del cinema nasce a due passi dall’Arno. Nel decennio precedente alla seconda guerra mondiale, Tirrenia e dintorni, si popolarono di divi e divine, di registi e di aspiranti autori (tra cui un giovanissimo Mario Monicelli), di sceneggiatori, di tecnici e di comparse che arrivavano da Pisa o da Livorno, con il famoso "trammetto" che scendeva all’ingresso degli studi. Nelle prime sale della mostra si ricordano i fasti di un tempo, con ampio spazio dedicato allo stesso Forzano, diventato nel frattempo regista cinematografico («Camicia nera», «Campo di maggio», «Il re d’Inghilterra non paga»).

Non poteva mancare una galleria fotografica dei grandi divi degli anni Trenta/Quaranta come Fosco Giachetti, Ermete Zacconi, Massimo Girotti, Amedeo Nazzari, Osvaldo Valenti, alle grandi dive dei telefoni bianchi come l’istriana Alida Valli, la livornese Doris Duranti e la pratese Clara Calamai oppure Luisa Ferida e Paola Barbara.

Per vent’anni Tirrenia è il fulcro di tutta la produzione cinematografica italiana. Poi qualcosa s’inceppa e inizia il declino. Durante la guerra gli studi vengono requisiti dai tedeschi, nascono leggende nere legate alla zona di Tombolo, la pineta in cui si rifugiavano disertori, contrabbandieri e prostitute. Storie di miseria e di disperazione che avrebbero ispirato anche il cinema.

Negli anni Cinquanta si cerca il rilancio con un film d’autore. A Tirrenia arriva il grande regista Joseph Losey per girare «Imbarco a mezzanotte» interpretato dalla grande star (di allora) Paul Muni. Siamo sull’orlo del fallimento, neanche i film «musicarelli» interpretati da Claudio Villa, Luciano Tajoli e Jula De Palma, riescono a scongiurare il peggio.

In soccorso di Giovacchino Forzano arriva Carlo Ponti che fa nascere lì la sua casa di produzione Cosmopolitan. La regina Sophia Loren fa il suo arrivo a Tirrenia per girare l’episodio de «La riffa» contenuto in «Boccaccio 70» e «Madame Sans Gene». Tutto documentato tra le sale del Palazzo Blu; foto, cimeli, locandine e costumi.

Anni e anni di cinema «riletti» con scatti celebri e testimonianze video come quella del regista Luis Trenker che trasformò un lembo di terra toscana nella costa statunitense per il film «L’imperatore della California». A tornare in auge come negli anni Trenta, non servì neppure il kolossal tratto da Sartre e diretto da Vittorio De Sica «I sequestrati di Altona». Un cast di divi (ancora la Loren con Maximilian Schell e Robert Wagner) e le scenografie con disegni di Renato Guttuso esposti a Palazzo Blu per la prima volta.

Dagli anni Sessanta in poi il declino è inevitabile. Arrivano nuovi generi, nuove star che non avevano di certo l’allure di quelle di un tempo. A Tirrenia si gira sempre meno. Le luci dei riflettori si spengono tristemente per sempre. Soltanto i fratelli Taviani decidono di ambientarvi «Good morning Babilonia» nel 1987. Adesso gli antichi studi Pisorno sono un rudere fatiscente dal glorioso passato. Chi vuole conoscere meglio quel passato che ha lasciato comunque una traccia indelebile nella storia del cinema italiano, si affretti a vedere «Tirrenia, la città del cinema», fino a domenica 3 luglio a ingresso libero.