Mario Ciuffi, il professore dell'università viola

Viola Week, "come eravamo": un ricordo del grande tifoso

Mario Ciuffi, indimenticabile tifoso viola (Germogli)

Mario Ciuffi, indimenticabile tifoso viola (Germogli)

Firenze, 12 settembre 2016 - Ingiusto ricordarlo come l’uomo delle frustate, è stato molto di più. Prima di tutto un fiorentino vero, sempre pronto alla battuta, capace di uscire dalle situazioni dialettiche più complicate sempre da vincente, dimostrando di avere un cuore immenso. Ecco, questo era Mario Ciuffi, la ‘Sfinge del tifo viola’ come gli amici più stretti amavano definirlo e come amano ricordarlo ancora oggi a tre anni dalla sua scomparsa, il 18 febbraio 2013.   Manca a tutti la sua pungente ironia, le battute irriverenti, l’amore infinito per la Fiorentina – senza se e senza ma – e manca anche la generosità di un uomo buono innamorato della Fiorentina, di Firenze e della Renza (la moglie) non necessariamente in questo ordine. Il viola diventa la sua prerogativa di vita da quando frequenta il Bar Undici di Gavinana, quartiere dove è nato e cresciuto e dove con i suoi amici di sempre Mario Fantechi, Renato Cherici (il Titti) – se ne aggiungeranno tanti altri – inizia il lungo viaggio al seguito della Fiorentina. Tante trasferte con non meno di tre pullman organizzati al seguito della squadra. Trasferte che spesso iniziavano con la colazione offerta proprio da Ciuffi e non era raro che la sua generosità arrivasse anche qualcosa in più. Partenze rigorosamente dal Bar Marisa, dove con il passare degli anni era diventato il docente dell’Università del calcio. Tanti gli aneddoti che hanno costellato la vita da tifoso. Come quella volta, dopo aver vinto nel 1996 la coppa Italia, che per tutto il viaggio di ritorno il Ciuffi intonò la canzone dedicata a Stefan Schwarz, mandando al ‘manicomio’ Piero Barbetti, Leonardo Vonci e Andrea Breri, i fidi scudieri.    CELEBRI le sue accoglienze a giocatori e allenatori, che dovevano passare dalla sua benedizione che culminava con la sciarpa del Bar Marisa – l’Università del calcio – messa al collo dei nuovi. Ne ha ‘battezzati’ tantissimi, apprezzati la maggior parte. Con alcuni amicizia sincera che si è protratta nel tempo, come con Carletto Mazzone. Non era raro, anzi, vederlo accompagnare i viola prima e dopo l’allenamento, scambiando parole e impressioni con i protagonisti nel tragitto dallo stadio al ‘Militare’ (ora stadio ‘Ridolfi’) oppure dai campini al ‘Franchi’. Con qualcuno, invece, il rapporto era di ‘odio e amore’, come con Ranieri. Con l’autore del miracolo Leicester lo scambio di battute era all’ordine del giorno. Ranieri non apprezzava tantissimo l’accusa di giocare solo al ‘Ciribè’ (rilancio lungo di Toldo e testa di Batistuta), mentre il tecnico lo accusava di portare sempre i pantaloni da ‘acqua in casa’. Ma in fondo si stimavano. Come stima reciproca c’era con Pantaleo Corvino.   NON PER NIENTE al suo ritorno il direttore generale dell’area tecnica viola ha esibito quella stessa sciarpa che Mario gli mise al collo la prima volta. Mancano al Corvo le sollecitazioni del Ciuffi. E manca a tutta la tifoseria quello spazio autogestito alla radio dove diceva spesso quello che la tifoseria pensava anche contro le strisce. O meglio, contro lei (la Juventus), lui (l’Inter) e l’altro (il Milan). Celebri le sue gag con Idris a «Quelli che il calcio...» dove tutta la sua fiorentinità veniva fuori in maniera strabordante, ma mai volgare. In altro modo non avrebbe saputo fare da uomo arguto e buono quale era.

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