Nocentini compie 40 anni. Gli otto giorni in maglia gialla al Tour il ricordo più bello

Compleanno speciale per un corridore ancora sulla breccia

Rinaldo Nocentini

Rinaldo Nocentini

Arezzo 25 settembre 2017 - QUARANT’ANNI di corsa. Rinaldo Nocentini li festeggia oggi. Uno dei migliori corridori che la provincia di Arezzo abbia mai espresso, nonostante l’età agonistica non più giovanissima, è ancora sulla breccia e con onore: segno di qualità atletiche, professionalità, serietà. «Ma non finirà qui, perché farò un’altra stagione e sarà la ventesima. Penso di rimanere allo Sporting Tavira Lisbona con cui anche quest'anno ho vinto una corsa, ottenuto tanti piazzamenti, come il terzo posto al campionato italiano dietro Aru e Ulissi». Rinaldo è nato il 25 settembre 1977 a Montevarchi, cresciuto a Montemarciano, da alcuni anni si è trasferito in Valdichiana, con la moglie Manola: «Vengo da una famiglia numerosissima, dieci tra fratelli e sorelle. Purtroppo non ci sono più una mia sorella e mia madre. Devo molto alla famiglia». Hai cominciato a correre prestissimo... «A sei anni nel vivaio della Mage di Fiorenzo Zani, il Binda, con cui poi ho fatto la trafila fino agli Allievi compresi. Il secondo anno vinsi 10 gare. Poi juniores con la Pitti, 6 ssuccesi col titolo toscano nel 94, 10 nel ’95 quando arrivai terzo al mondiale di San Marino». Da Under 23 vicino al titolo iridato... «Nel 1998, secondo dietro Basso a Valkenburg e potevo davvero conquistare la maglia iridata. Non vinsi tantissimo nei tre anni con la Grassi, ma bene sì, come il campionato toscano, una tappa al Giro delle Regioni e tanti piazzamenti». Professionista dal 1999... «Sembra ieri, sono passati 18 anni e 19 stagioni. Cominciai bene, due vittorie in Malesia, poi in una grande squadra come la Mapei non era facile emergere, ma considerando tutto la mia buona carriera l’ho fatta». La vittoria più bella? «Le ricordo tutte volentieri, in particolare il Giro di Toscana proprio ad Arezzo. Ero in casa e non assaporavo la gioia del successo da quattro anni». Ma i momenti più belli li hai vissuti al Tour de France del 2009... «Indimenticabili. Conquistati la prestigiosa maglia gialla il 10 luglio ad Andorra, Entrai in una fuga, prima pensai a vincere la tappa, poi quando seppi che potevo balzare in testa alla classifica, corsi diversamente. Ci riuscii per 6“, una gioia enorme. E restai al vertice otto giorni, più il riposo. Soddisfazione doppia perché avevo a ridosso Contador e Armstrong. Quei giorni mi hanno dato popolarità più delel vittorie». Un rammarico? «Qualcuno, tipo una tappa che potevo vincere al Giro, ad esempio a Falzes nel 2004 quando giunsi secondo dietro Cunego, o una tappa alla Vuelta e il Lombardia 2014: potevo finire sul podio, o sotto certi aspetti il mondiale del 2006 a Salisburgo. Entrai in una fuga che prese un vantaggio enorme, ero il più forte di quel gruppo, poi dietro cominciarono a tirare e ci ripresero. Mi consolai con la vittoria di Bettini». Il più forte con cui hai corso? «Contador per le gare a tappe, Bettini e Sagan per quelle in linea». Il migliore di ora? «Froome per i Grandi Giri e Sagan per le classiche. Oggi è il favorito per la sfida iridata, ma occhio a Gaviria». C’è stato un aretino al mondiale, Bennati... «Se a 37 anni è a questi livelli merita applausi. C’è sempre stato grande rispetto fra me e lui. Allo sport aretino qualcosa di buono abbiamo dato». Cosa farai dopo la carriera da corridore? «Mi piacerebbe insegnare e preparare i giovani».

Fausto Sarrini