La Cgil attacca: "Da rivedere il sistema del volontariato, spesso serve a mascherare lavoratori al nero"

Loretto Ricci: "Ci sono alcune associazioni create da soggetti senza scrupoli solo per evadere i contributi"

Loretto Ricci

Loretto Ricci

Arezzo, 28 agosto 2014 - Continua a tenere banco la questione dei lavoratori al nero nelle cooperative che si occupano di assistenza ad anziani e disabili, non si placa la polemica. A parlarne ancora è Loretto Ricci, della Fp Cgil Arezzo, >che rilancia: «Bene che siano venute fuori queste magagne ma c’è ancora tanto da lavorare, anche nel campo del volontariato».  In che senso?  «Accanto a realtà che sono davvero di volontariato, ci sono altre che per compenso elargiscono buoni benzina e buoni per fare la spesa. Questa è evasione contributiva».  Di quali associazioni parla?  «Pensiamo a quelle che vincono bandi comunali per fare attività estive con i bambini, quelle che fanno attività di trasporto a quelle che svolgono servizi importanti nel settore socio sanitario».  Ma il sistema del volontariato è importantissimo, soprattutto in alcuni settori come il socio sanitario «E va bene, ma se parliamo di un volontariato vero, quello sì che è prezioso. Se dobbiamo nasconderci dietro il paravento del volontariato per abbassare i costi non ci siamo. Certe associazioni di volontariato sono lo sfogo lavorativo per giovani laureati, ad esempio. Ma, ripeto, se l’obiettivo deve essere quello di abbattere i costi del lavoro ed evadere gli obblighi fiscali non possiamo chiudere gli occhi».  Torniamo alla vicenda cooperative, la segnalazione è partita dalla Cgil «Un anno è mezzo fa al tavolo istituito con i sindacati, l’Inail e le associazioni delle cooperative alla direzione territoriale del Lavoro, che già stava lavorando su questo caso ed aveva avviato la sua indagine, la Cgil ha segnalato la situazione di lavoratori sfruttati nel campo dell’assistenza domiciliare e ospedaliera in una sorta di moderno caporalato».  Quale era il meccanismo?  «Alcune donne venivano da noi a chiedere come si apriva una partita Iva per fare assistenza. Cercando di approfondire l’argomento, per poter dare le informazioni più congrue, abbiamo capito che queste persone ricevevano un compenso di 5 euro all’ora e che il loro libretto delle fatture era tenuto addirittura da chi faceva, in sostanza,l’intermediario. Una condizione reale molto diversa da quella fatta apparire a livello di contribuzione e fiscalità. Da una parte c’erano famiglie bisognose di assistenza, dall’altra persone che avevano bisogno di lavorare, nel mezzo una cooperativa nata per risparmiare su contributi ed Iva».  Il sistema dell’assistenza è tutto da rivedere?  «Siamo convinti che il comparto socio-assistenziale sia un mare con pesci sani e seri ma fatto anche di soggetti senza scrupoli che si nascondono per convenienza dietro la forma della cooperativa o dell’associazione di volontariato. Per questo c’è bisogno di un lavoro di controllo e monitoraggio continuo».