"Ma davvero Martina si è buttata?": i dubbi dell'amica in vacanza con la ragazza

Altri stralci dalle intercettazioni choc appena depositate: telefonata sfogo dopo l'interrogatorio. I castiglionesi: incontriamocii per concordare la versione

Martina Rossi

Martina Rossi

Arezzo, 19 agosto 2017 - Il dubbio che Martina non si fosse buttata dal terrazzo del sesto piano di un grande hotel di Palma di Maiorca lo ebbero persino le amiche che erano con lei. Quelle che la polizia di Genova ha sentito come testimoni nella prima fase delle indagini e che i genitori della studentessa morta il 3 agosto 2011 hanno sempre ritenuto almeno reticenti, quasi complici di Alessandro e Luca, i due ragazzi ora accusati di averne provocato la fine mentre tentava di sfuggire a un loro tentativo di violenza sessuale.

Lo si deduce da un’altra delle intercettazioni appena trascritte dal perito Daniela Bordet e che saranno al centro dell’udienza preliminare quando riprenderà a settembre nell’aula del Gup Piergiorgio Ponticelli. Una telefonata il cui contenuto era finora sfuggito all’attenzione dei più. A parlarsi, il 4 febbraio 2012, circa sei mesi dopo la tragedia delle Baleari, sono Alessia (il cui cellulare è stato messo sotto intercettazione dal Pm dell’epoca Biagio Mazzeo) e un amico.

La giovane è reduce da una lunghissima giornata in procura, dove la polizia l’ha sentita per quasi dieci ore. Tre giorni dopo toccherà ad Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, i due imputati di adesso, e ai loro amici Enrico D’Antonio e Federico Basetti, che invece sono sotto processo a Genova per false dichiarazioni al Pm.

Bene, per tredici minuti Alessia si sfoga con il ragazzo sullo stress dell’interrogatorio, poi si arriva al punto clou. L’amico fa riferimento alla posizione dei giovani castiglionesi: «...Vorrei proprio vedere se gli hanno fatto dieci ore di deposizione. A loro che sono molto più coinvolti essendo...diciamo nella stessa camera dalla quale allora si è buttata, no? Perchè...purtroppo...».

La ragazza si inserisce con una battuta che lascia i brividi: «Sempre che si sia buttata». L’amico non capisce: «...Eh?». Alessia ribadisce: «Sempre che si sia buttata». L’interlocutore finalmente comprende: «Che non l’abbiano imbellinata (espressione dialettale genovese ma è facile intuire il significato Ndr) giù dalla finestra? Ma vuoi dire?». E la giovane spiega: «Ma ieri l’ispettrice mi ha detto “Ma non è che lei magari...cioè qualcuno ha cercato di aggredirla? Era possibile scavalcare e andare nel poggiolo di fianco?». Il dubbio di Alessia, dunque, non nasce dopo il tragico volo di Martina, a Palma, ma quando la polizia le fa domande specifiche mesi dopo.

Lei comunque cerca di scacciare i sospetti, ricordando all’amico che qualcuno (parla di direttore dell’hotel ma in realtà è una cameriera) l’ha vista buttarsi di sotto. E tuttavia la remora che non tutto sia andato come sembrava le resta, tanto che ne parla. Siamo negli stessi giorni (l’inizio di febbraio 2012) in cui anche Alessandro, Luca, Federico ed Enrico si apprestano a essere sentiti in procura a Genova. L’impressione appunto è che cerchino di concordare una verità comune. Almeno così sembra dalla telefonata (questa già nota ma ora trascritta ufficialmente) fra Albertoni e D’Antonio, il 3 febbraio.

Alessandro: «Oh, ehi, ti volevo dire...oggi, no, sono stato dall’avvocato». Enrico: «Uh». Alessandro: «...l’unica cosa che pensavo, ti volevo, ti volevo dì...troviamoci, si sta un’oretta tutti e quattro e si discute un po...». D’Antonio: «Ah...!». Albertoni: «...Capito, che è importante...». Enrico: «Va bene, va bene». Poi i due ragazzi concordano data e luogo: il lunedì successivo a casa di Alessandro. Davvero i quattro giovani che erano insieme a Palma si ritrovarono per mettere insieme una versione concordata prima di essere sentiti dalla polizia? E anche se fosse, fu un tentativo di sviare le indagini o solo un modo per mettere a fuoco i ricordi? La battaglia in udienza preliminare è ancora tutta da giocare.