Un film su Burri conquista Los Angeles

Anteprima mondiale per il documentario made in Umbria

il regista Giuseppe Sterparelli con Lisa Rinzler

il regista Giuseppe Sterparelli con Lisa Rinzler

Perugia, 12 gennaio 2017 - Anteprima mondiale alla Ucla, l’Università della California di Los Angeles, per un film made in Umbria che rende omaggio al genio di Alberto Burri: «Variazioni: A Visual Polyphony», ideato e diretto dal regista tifernate Giuseppe Sterparelli, già autore di un progetto su Luca Signorelli con Tom Henry e di un ciclo di studi presentati all’Università per Stranieri.

Per l'occasione ha fatto le cose in grande: si è avvalso della fotografia di Lisa Rinzler, acclamata e premiatissima ‘cinematographer’ per Scorsese e Wenders, e le immagini sono state girate nel deserto della Death Valley. Il film ha debuttato così a Los Angeles, nell’ambito di un simposio dedicato al «Grande Cretto Nero», l’opera che Burri donò 40 anni fa al Dipartimento Italiano della Ucla. Nell'evento rientrano anche la presentazione, del documentario «Alberto Burri e Piero della Francesca: le due rivoluzioni» di Riccardo Lorenzi e una performance di John Densmore, mitico batterista dei Doors. «L’idea – racconta Sterparelli – è nata dal notare che il ‘Grande Cretto Nero’ rimaneva praticamente inosservato agli occhi degli studenti, in un campus dove si muovono 50mila persone». E il film cosa racconta? «Esalta, in forma artistica, la straordinaria e quasi ignorata collaborazione di Burri con Emilio Villa, la voce più alta della poesia del secondo ’900». Cosa ha scoperto? «Che il rarissimo libro, ‘Variazioni’, che pubblicarono insieme nel ’55, vide la luce in una piccola tipografia ‘scolastica’ di Città di Castello, in mezzo ai giovani della Scuola delle Arti Grafiche. Il ‘fuoco’ di Burri comincia lì e giunge alla ceramica cotta del Cretto di Los Angeles». E le riprese del film? «Sono state un’avventura a parte, un viaggio nel viaggio: nella più profonda depressione desertica dell’emisfero occidentale, Bad Water Basin, in piena Death Valley, poi Zabriskie Point, con le sue dune meravigliose già celebrate da Antonioni, quindi un cratere di vulcano spento, sacro ai nativi americani. I luoghi dove Burri tornava ad ogni soggiorno americano e che ispirarono i suoi ‘cretti’. Non ci poteva essere altra location».