Fiorentina: stadio e mercato, l’ultimo rilancio di Rocco

La pazienza di Commisso è agli sgoccioli per il restyling del "Franchi". L’ipotesi Campi. E per la squadra solo innesti di qualità

Rocco Commisso, patron viola (Germogli)

Rocco Commisso, patron viola (Germogli)

Firenze, 24 maggio 2020 - Tre volte in trappola, da un anno a questa parte. Era il 6 giugno quando Commisso ha acquistato la Fiorentina, e fino a ora ha scoperto due cose: la grandissima passione dei tifosi (ricambiata da un amore altrettanto acceso) e le pastoie della burocrazia. Termine generico, burocrazia, perché in realtà cammina sulle gambe delle persone, dei rappresentanti delle istituzioni. E qui il terreno si è fatto scivoloso da subito: Commisso, Barone e il loro staff appena atterrati a Peretola avevano in mente un nuovo stadio (per gli incrementi dei ricavi dovuti all’indotto). Con l’architetto Casamonti avevano trovato il progetto di restyling che poteva soddisfarli: costo sui 200 milioni. Tutti d’accordo, anche il Comune. Ma la soprintendenza no. Seconda trappola: la zona Mercafir. Qui la parte del leone la fa il mondo della politica che spinge forte in questa direzione. Ma la Fiorentina si accorge presto che non avrebbe potuto avere la certezza dei tempi di costruzione ed il controllo totale dell’opera, e non partecipa al bando. In mezzo a queste delusioni, la nota lieta di Bagno a Ripoli. Il sindaco Casini fa tappa fissa all’ hotel Excelsior dove la scorsa estate alloggiavano Commisso e Barone per promuovere l’area destinata al nuovo centro sportivo. Qui non ci sono inghippi, e l’emergenza Covid ha solo rallentato di poco la posa della prima pietra. Investimento cash da 70 milioni, per gradire. Terza trappola, o vicolo cieco: prima si riparla di Campi Bisenzio, poi si torna al "Franchi" per un restyling parziale, il sindaco Nardella si espone in tal senso. C’è l’ipotesi di lasciare solo la torre di Maratona e di rinnovare quasi tutto. Come suggestione, tre giorni fa da Milano arriva la notizia che San Siro, la Scala del calcio (inaugurata nel 1926) per la Soprintendenza ai beni culturali potrebbe anche essere abbattuta: lo stadio non presenta alcun "interesse culturale". Un assist a Inter e Milan mica da poco. A Firenze invece si tentenna, anzi pare che il "Franchi" negli ultimi tempi sia stato sottoposto ad ulteriori vincoli. Fiorentina, Comune e soprintendenza: come nel gioco dell’Oca si torna al punto di partenza (e la rima non è voluta). Commisso si è stufato ma da qui a dire che potrebbe mollare ce ne corre. Però il pensiero corre a Torino, Udine, Bologna, Bergamo e Cagliari, dove i progetti per gli stadi sono filati lisci. Piuttosto serve una presa d’atto collettiva: se le istituzioni non possono garantire una legislazione più snella in tema di impianti (si parla anche di questo nel decreto del governo Conte), si dica apertamente alla città (e alla Fiorentina) che è meglio cercare altrove, magari dando valore all’area metropolitana. Commisso ha settant’anni – come ripete spesso – e non intende aspettare oltre, il suo sguardo resta al futuro. Parlando di calcio, di squadra, il mercato di gennaio è stato fatto in prospettiva (Amrabat e Kouame fanno 30 milioni) e quando terminerà questo campionato sono possibili altri acquisti di spessore. Questo perchè Commisso si è innamorato di Firenze ed il popolo viola di lui, almeno fino ad ora. Società e squadra sono in continua evoluzione, serve solo il salto di qualità ma si va in questa direzione. Manca lo stadio, ecco il punto. Commisso vuol scavalcare il muro, ma non ad ogni costo. Mentre Barone lavora in Lega con la task force che deve servire al calcio italiano per uscire dall’impasse di impianti sportivi vecchi, scomodi e pericolosi. Dopo l’emergenza Covid, poter contare su nuovi investimenti potrebbe consentire al pallone di riprendere vigore, e allo stesso tempo si darebbe nuovo impulso all’occupazione. Firenze, Commisso e l’Italia non possono permettersi di perdere altri treni. © RIPRODUZIONE RISERVATA