EMILIANO PELLEGRINI
Sport

Fallimento sportivo della Lucchese: i motivi dietro il ritiro di Stefano Grassi

Stefano Grassi rinuncia a salvare la Lucchese: debiti insostenibili e mancato supporto economico tra le cause principali.

Stefano Grassi è stato lasciato... «solo»

Stefano Grassi è stato lasciato... «solo»

I tanti, troppi perché di un ennesimo fallimento sportivo. I soldi "reali" che ci sarebbero voluti per salvare la Lucchese, oltre 2 milioni e mezzo e non quelli approssimativi fatti trapelare e la "mazzata" dei 14 punti di penalizzazione, hanno fatto capire a Stefano Grassi che sarebbe stato come fare un salto nel buio imbarcarsi in questa avventura. Ma ci sono alcuni aspetti, nella lunga lettera inviata da Grassi ai media, da approfondire.

Primo: il titolare di "Affida" è stato coinvolto nella vicenda dall’amministrazione comunale, con la quale ha avuto molteplici rapporti, al termine dei quali ha presentato la sua manifestazione di interesse, non vincolante, ad acquistare la Lucchese. A quel punto si è pensato che Grassi, accettando di metterci la faccia, non sarebbe stato da solo, ma avrebbe potuto contare sul sostegno economico da parte di alcuni imprenditori locali, "sollecitati", per così dire, dallo stesso Comune. Cosa che, a quanto pare, non si sarebbe verificata.

Secondo aspetto: Grassi non ha mai parlato ufficialmente del coinvolgimento del fondo straniero "Investcorp", a supporto dell’impegno di "Affida", mentre in giro si pensava il contrario.

Terzo: l’ammontare del debito. Per quello che abbiamo capito, Grassi ha sempre pensato che il suo impegno economico per provare a salvare la "barca" rossonera ormai alla deriva sarebbe stato intorno al milione e mezzo di euro, disposto a mettere sul piatto della trattativa, mentre, in realtà, l’ammontare del "fabbisogno" richiesto dal curatore fallimentare per portare avanti la pratica all’eventuale futura iscrizione in Lega "Pro" sarebbe stato decisamente superiore, forse più del doppio. A prescindere dal fatto che ancora oggi non è stata dichiarata una cifra esatta, ma di fronte alla probabile richiesta, di oltre 2 milioni e mezzo, per il titolare di "Affida" tale cifra sarebbe stata "insopportabile".

Quarto aspetto: i 14 punti di penalizzazione avrebbero comportato un impegno economico intorno ai 2 milioni per allestire una squadra di spessore per provare a salvarsi, sia pure attraverso i play-out, hanno fatto traboccare il vaso. In sostanza Grassi avrebbe dovuto impegnarsi a spendere, complessivamente, quasi 4 milioni di euro, senza, per altro, la certezza di rimanere in "C". Voi che avreste fatto? Probabilmente come lui: o no?

Ma c’è uno "smacco" ancora più duro da digerire: il mancato accordo con il Ghiviborgo per partecipare alla "D". Anche qui si era capito, dopo certe dichiarazioni rassicuranti fatte trapelare dalle parti di Palazzo Orsetti, che, grazie all’interessamento del sindaco Pardini con il collega Remaschi, si sarebbe arrivati ad una soluzione positiva che avrebbe mitigato, in qualche modo, l’amarezza per il mancato inserimento in "C". Invece niente di tutto questo. Sembra, infatti, che Remaschi abbia aspettato invano che qualcuno da Lucca salisse a Ghivizzano con i 380mila euro richiesti per concludere la trattativa. Ma nessuno si è fatto vivo. E, così, niente serie "D", ma l’inferno dell’Eccellenza.

Emiliano Pellegrini

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