Barbareschi, il Penitente. La tragedia di un uomo e la gogna mediatica

Da martedì a domenica in scena con Lunetta Savino al Teatro della Pergola

Luca Barbareschi e Lunetta Savino

Luca Barbareschi e Lunetta Savino

Firenze, 20 gennaio 2019 - "Ho tradotto quasi tutte le opere di David Mamet, e sai che frequento i suoi testi da quasi quarant’anni. Dunque per me si può dire che questo autore sia come un mentore e ancora una volta questo testo è di un’attualità pazzesca. E’ la genesi di tutte le storie sulle fake news e su come si può linciare una persona oggi sui social e sui giornali».

Luca Barbareschi torna a Firenze per debuttare al Teatro della Pergola martedì, dove rimarà fino a domenica 27 gennaio. Ci ha abituati a questo credere all’opportunità delle cose, Barbareschi che qui traduce, dirige e interpreta «Il penitente» con Lunetta Savino, Massimo Reale, Duccio Camerini. Una tragedia moderna, un dilemma morale: un uomo buono, la gogna mediatica e giudiziaria.

Barbareschi che non ha mai paura di graffiare il pubblico.

«Perché dovrei? Mamet è un genio, la sua è una scrittura sì molto criptica, ma anche molto bella da recitare, quasi dal carattere beckettiano, per intendersi. Per noi interpreti è come dover seguire una partitura d’orchestra».

Il Penitente la rappresenta?

«Di certo rappresenta quel che provo, questo senso di indignazione su come va il mondo oggi. Già 25 anni fa, portai in scena ‘Oleanna’, sempre di Memet, una denuncia contro le molestie. Questo poi, oggi, è di un’attualità pazzesca. Ho voluto raccontare come si può linciare una persona sui gioranali e sui media con uno spettacolo, che è il mio mezzo per parlare alla gente, ispirato a un caso veramente accaduto».

Che storia è?

«Quella in cui uno psichiatra che per dovere professionale protegge il paziente, si ritrova questo che gli confessa la volontà di fare una strage perchè odia l’umanità. Il medico deve solo ascoltarlo ma lui esce e fa una strage sul serio. Allore i media si scatenano e diventa un incolpevole emarginato».

La riflessione qual è ?

«Credo che in ognuno di noi ci sia una parte del penitente quando, per esempio, decidiamo di essere coerenti con le scelte della nostra vita. Oppure quando rifiutiamo di sposare un dogmatismo sciocco per inerpicarci piuttosto in sentieri non superficiali. Il testo di Mamet lo consiglio: aiuta ad allontanare una grave semplificazione del pensiero».

C’è una riflessione ?

«Sono gli argomenti trattati che inducono alla riflessione sulle troppe speculazioni che nascono da semplici fatti di cronaca. E sul senso della giustizia che spesso, lo vedi tutti i giorni, è frettolosa e sommaria».

Barbareschi, lei ha raccontato in teatro più di una volta sofferenze.

«E qui sono inserite in un raporto uomo donna che rappresenta la nudità in senso etico. Se non hai una ferita, un dolore, non hai niente da raccontare. Perchè le possibilità sono: il timore di essere se stessi; il timore di diventare se stessi, ma anche di non essere se stessi. Da qui non si scappa»

Quasi una fatica.

«La vita è faticosissima: e ognuna di queste situazioni è una possibilità. Il vero campione è quello che cade e si rialza. Ma devi cadere. E se non cadi e non ti rialzi mai, non cresci».

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