PAOLO CERAGIOLI
Cronaca

Lucca Film Festival e la dedica a Marcello Mastroianni, il ricordo della figlia Chiara: “Era bellissimo, riservato, umile”

L’attore è il protagonista di una mostra di cimeli e memorabilia a Palazzo Pfanner. La figlia: “Adoro mio padre ed è bello ricordarlo soprattutto riportandolo sullo schermo”

Chiara Mastroianni a Lucca, alla proiezione del film “Marcello mio“

Chiara Mastroianni a Lucca, alla proiezione del film “Marcello mio“

Lucca, 22 settembre 2024 – Per festeggiare i suoi primi vent’anni Lucca Film Festival ha scelto di dedicare la rassegna, che chiuderà domenica 29 settembre, a Marcello Mastroianni, a cent’anni dalla nascita. L’attore è il protagonista di una mostra di cimeli e memorabilia a Palazzo Pfanner, a cura di Alessandro Orsucci, inaugurata ieri da una madrina d’eccezione, Chiara Mastroianni, figlia di Marcello e Catherine Deneuve, nella città così cara a lei e alla sua famiglia.

È emozionata nel vedere l’immagine di suo padre ovunque, quale testimonial del festival?

“Io sono quasi nata qui... Abbiamo una casa di famiglia a Torre, nelle campagne qui vicino, sono sempre venuta qui e lo faccio ancora d’estate. Mai mi sarei immaginata di vedere un giorno tutto questo, mi sembra quasi surreale. Solo per gli attori si festeggiano i cento anni dalla nascita e non dalla scomparsa e lo preferisco. Certo, sono felice: adoro mio padre ed è bello ricordarlo soprattutto riportandolo sullo schermo, per chi forse non lo ha mai visto e penso in particolare ai più giovani. Credo che ogni celebrazione debba essere del cinema piuttosto che di un personaggio: lui per primo ne sarebbe imbarazzato. È come sfogliare un vecchio album di foto, con tanti ricordi da condividere con gli altri.

Cosa pensa di tutte le iniziative a lui dedicate quest’anno?

“Mio padre non amava sentir parlare di sé come attore in un film, ma del film in se stesso. Gli interessava perché ha sempre scelto film di impegno, sociale e politico: penso ai film con Mario Monicelli o anche Federico Fellini. Quando è uscita “La dolce vita“, si gridò allo scandalo e mi ricordo che per strada la gente ci sputava addosso. Sono i suoi film a parlare di lui”.

E il mito del latin lover?

“Ma quando? Certo era bellissimo, ma non credo che mio padre abbia mai “conquistato“ nessuno. Era molto riservato, umile, tranquillo. Ma in quegli anni non si riusciva ad andare oltre l’aspetto fisico. Di sicuro lui non aveva il culto di sé: pensi che in casa non c’era neanche una sua foto”.

Quali tra i suoi film suo padre amava di più?

“Lui li amava tutti, proprio perché li sceglieva con attenzione. Se proprio dobbiamo scegliere, direi “La dolce vita“ e “Otto e mezzo“. Nel primo lui è un uomo triste, non certo un brillante latin-lover, che alla fine deve fare i conti con la sua vita. Nel secondo, che è una risposta alla “dolce vita“, c’è un regista in crisi di identità dopo lo scandalo e che non sa come fare a a uscire da un successo pazzesco. E questo lo rappresentava molto”.

Il titolo della mostra è “Marcello, l’antidivo di successo“: è perfetto, allora?

“Antidivo, sì. Era il primo a parlare delle sue debolezze. Era umile e veniva da una famiglia povera. Una volta, uscendo dagli Uffizi, una persona lo fermò e gli chiese un autografo, scambiandolo per Gassmann: lui si firmò Vittorio Gassmann e ci spiegò che mai si sarebbe permesso di deludere quella persona”.

Parliamo di “Marcello mio“...

“Per me è un film sul lutto. Il progetto nasce in teatro dal regista Christophe Honoré, in uno spettacolo dove i fantasmi dei suoi familiari si confrontano con lui. Io e Christophe abbiamo in comune di aver perso il padre abbastanza presto. Nel film c’è l’illusione di far tornare i morti in vita con il cinema. C’è una persona in crisi di identità, che si illude di essere felice così, ma non funziona. E’ stato bello farlo, ma non terapeutico: un piacere immenso e vertiginoso, come un bellissimo sortilegio. Ma adesso sto peggio di prima”.