
8 marzo: troppe discriminazioni sul lavoro per le donne
Roma, 7 marzo 2022 - Sempre più donne medico nella sanità italiana, ma ancora pochi i loro ruoli di vertice e tante le discriminazioni sul lavoro. Secondo un sondaggio condotto su 1.415 dottoresse dalla Federazione Cimo-Fesmed, e diffuso alla vigilia dell'8 marzo, l'88% delle professioniste intervistate ritiene che le donne 'in camice bianco' possano subire discriminazioni sul luogo di lavoro e il 58,4% è consapevole di aver subito un trattamento differente perché donna. Un dato - riferisce Cimo - che si riscontra anche nel rapporto con i pazienti: dal sondaggio emerge infatti che uno dei commenti più frequenti è che "l'uomo medico è sempre professore e la donna signorina".
Cimo ricorda alcuni dei dati della Federazione degli Ordini dei medici Fnomceo: nel 2021 il 54% dei professionisti con meno di 65 anni era donna, percentuale che saliva al 64% considerando la fascia d'età tra i 40 e i 44 anni. E a dimostrazione che la costante femminilizzazione della professione medica non è accompagnata, di pari passo, da un cambiamento organizzativo e culturale, il sindacato riporta i numeri del 'Rapporto sulle donne nel Ssn' del ministero della Salute del 2019: solo il 17,2% degli incarichi in struttura complessa e il 34,7% degli incarichi in struttura semplice sono affidati a donne, nonostante il numero di professioniste sia superiore a quello dei medici uomini.
"I miei colleghi mi hanno trattata come se fossi stata un anno in vacanza. Al rientro sono stata trattata come una persona che doveva recuperare il lavoro non svolto durante la maternità". "La maternità delle colleghe viene vissuta come un peso per le aziende ospedaliere, i primari e i colleghi. L'avere figli penalizza il percorso formativo e di avanzamento di carriera. Ad oggi quello del medico rimane un mestiere per uomini". "Mi sono sentita in dovere di recuperare quanto non fatto durante i pochi mesi in cui mi sono presa cura di mio figlio". "Mi è stato rinfacciato più volte di aver scelto di essere madre oltre che chirurgo". Sono alcune delle voci di donne medico, raccolte dal sondaggio.
Per capire cosa subiscono le donne medico in molti ospedali italiani - riferisce il sindacato, - le loro parole sono più efficaci di qualunque numero. Quando abbiamo chiesto loro come è stato il rientro al lavoro dopo la maternità, c'è chi parla di mobbing, di pressioni, di demansionamento, di senso di colpa che porta a non richiedere congedi parentali o straordinari per non far ricadere il lavoro sui colleghi. C'è chi è dovuta tornare in ospedale poche settimane dopo il parto; a molte non è stato riconosciuto il diritto all'esenzione dai turni di notte per i primi 3 anni di vita del bambino o all'orario ridotto per allattamento. E tra chi ottiene il tempo parziale per l'allattamento, c'è chi è costretta a svolgere attività in radiologia o ad esporsi a gas anestetici. Da qui la necessità di "garantire pari opportunità di carriera a uomini e donne", richiesta dal 62,7% delle dottoresse che hanno risposto al sondaggio.
"Alcune delle esperienze subite dalle colleghe sono agghiaccianti, non degne di un Paese civile - commenta il presidente Cimo-Fesmed, Guido Quici - Non possiamo permettere che le donne medico subiscano vere e proprie discriminazioni. Non possiamo permettere che una giovane donna non venga assunta perché la sua maternità potrebbe costituire un problema per la struttura".