La notte a sorpresa del Prato: in cinquemila al finale del Mengo, ora il festival al bivio

Cosmo calamita un pubblico d'altri tempi nel parco storico. Rafforzato il servizio d'ordine, pienone agli stand e code alla gastronomia. Attesa per le prossime edizioni

Cosmo in scena

Cosmo in scena

Arezzo, 15 luglio 2018 - Il ragazzino della porta accanto regala il botto finale al Mengo senza stelle ma dalla grande folla. Il festival all'ultimo colpo richiama cinquemila persone, a tratti forse di più. E dà la scossa al sabato sera aretino.

La scossa elettronica, la grande passione del ragazzino della porta accanto, che poi in realtà ragazzino non è: ha 35 anni Marco Jacopo Bianchi, che potrebbe essere tranquillamente il compagno di banco in biblioteca ma nelle serate si trasforma in Cosmo. Nome impegnativo, rilanciato sullo sfondo del palcoscenico da una scritta luminosa che si accende e si spegne all'evoluzione della musica.

Non ha i capelli rock dei Ministri, non ha la barba di Frah Quintale. Fisico perfino mingherlino, saltella sul palco e costringe il suo popolo a imitarlo a ritmo quasi continuo. Difficile seguirlo stando fermi: e poi in effetti lì in pochi ne hanno l'intenzione. Arrivati ad Arezzo in largo anticipo, dopo aver messo in agenda l'appuntamento ormai da settimane.

Testio da cantautore, anche se lui non ama la definizione. Musica italiana che dà del tu a Battisti o a Battiato, su un tappeto di musica techno. Un contesto nel quale il 90% degli artisti canterebbe in inglese. Lui no, canta in italiano.

"Mi ha cercato tuo padre, ti doveva parlare,ti voleva vedere". L'incontro non scatta, il colloquio slitta, come sempre succede nella vita. Potrebbe essere il padre, ma anche la madre, di una bella fetta di quei cinquemila, la cui età oscilla tra i 16 e i 35 anni del cantante in mezzo. E il mancto incontro diventa il festival non dell'elettrornica ma delle occasioni perse.

"Te lo voleva dire, te lo voleva dire. Non è riuscito a parlare, troppe occasioni sprecate. E ora il tempo è finito, tu hai decisom di andare". Il sottofondo elettronico non ti molla un secondo, ti suona dentro: e fatichi a coniugare l'approccio quasi intimistico dei testi con quelle scosse alle quali la gente reagisce saltando come il ragazzo della porta accanto.

"Quando ti devi saltare. Festival polizia, polizia". Senza riferimenti a quella che circonda l'ovale del Prato. Tanta, una task force tra agenti e steward che blinda il Prato. C'era nell'aria la sensazione che dovesse essere la serata dei record e la cintura delle forze dell'ordine lo conferma. All'ingressio borse e borsette vengono aperte e controllate, passa di scatto solo chi ha al massimo il cellulare in mano.

La cerchia dei carri e degli stand è al completo, le ultime salsicce sfrigolano sulla brace. E il Prato si tuffa nella prova di maturità, dopo tre giorni a sorpresa. Perché il festival ha riportato la folla intorno come se gli anni passati dai vecchi festival non fossero passati da anni ma solo da qualche giorno.

"Non sento più legami con la terra, ho fatto una botta, ho fatto la guerra". La seconda parte del concerto è quasi un djset, il tappeto di note sale in primo piano, le parole si sciolgono nel Prato.

La gente continua a reagire: nei concerti, rock o indie spesso cambia poco, annuiscono tutti seguendo la musica, è l'unico posto al mondo dove tuttin sembrano dare ragione al protagonista. Mentre intorno il resto del mondo si orienta nella direzione dei nuovi arrivati.

I venditori di fiori si incuneano perfino nell'ovale del Prato, passano davanti agli steward, che danno un'occhiata alle rose. Il muretto del Praticino è pieno da un lato all'altro, l'ultima trincea tra la città normale e quella del Mengo. Sotto c'è il clima del sabato sera. In piazza Grande i locali tentano di avventurarsi in una musica diversa. Zero canta "I migliori anni della nostra vita" ma in fondo i significati non sono lontanissimi dagli echi elettronici che scivolano giù dal Prato.

Il Corso è pieno, in un sabato sera dovela fuga verso il mare non è comunque talmente scatenata da sguarnire la strada del passeggio. Da oggi il Prato tornerà alle passeggiate e ai cani, alle panchine e ai turisti. Ma la traccia resta: quella di una passione che sembra aver ricucito lo strappo con il passato. E che ora aspetta dalla seconda edizione in centro, quella del 2019, l'ennesimo colpo di spugna. O il salto di qualità.

"Non verrai mai a sapere che ti ha cercato tuo padre, ti doveva parlare"