Un posto al museo per il ritratto di Leonardo della maestra vetraia Olimpia Bruni

Accoglie i visitatori del Museo della Battaglia di Anghiari. Un'opera preziosa ispirata alla pagina delle "Vite" che Vasari ha dedicato al Genio di Vinci. Il racconto di un mestiere sempre più raro

Olimpia Bruni e la vetrata su Leonardo

Olimpia Bruni e la vetrata su Leonardo

Arezzo 26 settembre 2020 - Sembra arrivare direttamente dal passato. Anzi no, sembra che lì ci sia sempre stata. Illuminata  da luce naturale, accoglie i visitatori del Museo della battaglia di Anghiari, la città di Leonardo si potrebbe dire che quella battaglia aveva cominciato a dipingerla a Palazzo Vecchio poi rimasta incompiuta e sparita nei secoli. Ma Leonardo e Anghiari  ormai sono indivisibili perché il paesaggio che oggi vediamo è lo stesso che lui vide. Un patto con la storia suggellato da un piccolo capolavoro firmato Olimpia Bruni,  maestra vetraia di Arezzo, una delle poche a livello nazionale capace di mettere mano alle antiche vetrate istoriate di cui il nostro paese è ricco, tanto preziose quanto fragili, opere d’arte dipinte a fuoco e legate a piombo. Attingendo alla storia e alla toscanità Olimpia Bruni ha realizzato per il Museo della battaglia di Anghiari diretto da Gabriele Mazzi, e quindi per Anghiari, una vetrata con il ritratto di Leonardo. Ma non un disegno qualsiasi. Da storica dell’arte ha riprodotto il ritratto tramandato da Giorgio Vasari nelle “Vite”, sì, quello che fa da copertina alla sua biografia, con il cappello da pittore, lo stemma dei Medici, circondato da  angeli, festoni e muse dipinte con il giallo d’argento, antica tecnica utilizzata da Guillaume de Marcillat che Olimpia usa abitualmente per i suoi restauri, come le vetrate gioiello della Biblioteca Laurenziana di Firenze. Sotto la figura di Leonardo è dipinto il paesaggio di Anghiari, in un monocromo color seppia. Una magia di luci e colori, una pagina di storia che racconta tanto di questo territorio. Questa vetrata “Leonardo e la luce di un genio”, è stata inaugurata nei giorni della mostra dell’artigianato per le  celebrazioni nell’anno leonardiano, donata al museo dal Rotary Club Sansepolcro Piero della Francesca presieduto da Mauro Montedori e dal Comune di Anghiari e dal suo sindaco Alessandro Polcri. Una vera opera d’arte, dipinta a fuoco e legata a piombo rispettando le antiche tecniche medievali. Sì perché Olimpia Bruni è una degli ultimi custodi di un’arte che pochi hanno il privilegio di conoscere fino in fondo. Storica dell’arte e allieva di Antonio Paolucci, da trent’anni realizza e restaura questi antichi capolavori come le vetrate della Chiesa di S. Domenico, della Pieve e del  Tempietto alla Vittoria del Prato di Arezzo. E’ stata la prima donna a realizzare la Lancia d’oro per la Giostra del 2019, la prima in vetro fra l’altro, vinta da Porta del Foro. Sta lavorando nella chiesa di San Francesco a Castiglion Fiorentino ma ha lavorato anche a Cortona, a Roma, a Bologna, con l’Opificio delle pietre dure ha restaurato le vetrate della Biblioteca Laurenziana di Firenze. Una tecnica antica la sua, da maestra artigiana. “E’ un lavoro delicato quello delle vetrate - confessa - per fissare il colore  si fanno anche dieci infornate e  se si sbaglia si butta tutto e si ricomincia daccapo. Siamo rimasti in sei o sette, siamo dei matti”. Pochi  ma indispensabili  per mantenere  vivo il patrimonio della vetrata antica e noi aretini lo sappiamo bene quanto sia preziosa avendo quelle del Marcillat a casa, le vetrate più belle del mondo. “Il vetro si lavora con la luce sotto - spiega Olimpia - e si dipinge in modo opposto della pittura. Per disegnare il paesaggio di Anghiari ho usato la grisaglia e ho tolto il colore per dare luce. Uso ancora vecchi colori di  trenta anni fa quando venivano realizzati con polvere di vetro frantumato e mescolato con acqua e alcol, c’è molta chimica. Il colore si stende con un pennello di tasso, si rende uniforme poi con un altro pennello si toglie la parte che si vuole mettere in luce, un gioco di chiaro e scuro che a volte richiede l’uso di aghi o pennini appuntiti. Per ogni dettaglio un pennello”. Vasari e Marcillat i suoi punti di riferimento: “Le Vite andrebbero tenute nel comodino come la Bibbia - ci scherza su ma non troppo - Vasari è stato allievo del Marcillat nella sua bottega quando aveva 11 anni, faceva i cartoni e i bozzetti, Marcillat rifiniva il bozzetto, tagliava, versava il  colore e infornava, usava la tecnica dello squagliamento e adoperava  giallo argento, trafilava a piombo, sapeva sempre quando la temperatura era giusta. Ci volevano anni”. Vetrate di secoli arrivare fino a noi, preziose, fragili, piene di luce. Restaurarle è  una grande responsabilità. “Sono 28 anni che faccio questo lavoro, e c’è ancora da imparare - ammette - ma va anche insegnato”. Arezzo artigiana lo può fare se vogliamo che le vetrate continuino a raccontare anche dopo di noi.