La chiesa 'svela' un affresco del ’500

Nascosto da un muro per quattro secoli

La restauratrice Marzia Bertolla indica l’affresco. A destra il dipinto che lo nascondeva in parte

La restauratrice Marzia Bertolla indica l’affresco. A destra il dipinto che lo nascondeva in parte

Sarzana, 23 febbraio 2018 -  L’affresco è in parte rovinato, ma perfettamente leggibile: si distinguono la Vergine col Bambino e, inginocchiati ai suoi piedi, un papa, che potrebbe essere il sarzanese Niccolò V (ma si tratta di una identificazione non suffragata da prove certe) e due prelati, forse anch’essi della famiglia Parentucelli. L’opera, che si ritiene risalente ai primi anni del XVI secolo, è tornata alla luce dopo essere rimasta nascosta per secoli da un quadro del Seicento (un olio su tela realizzato da Fabrizio Pelliccia di Carrara, raffigurante una Madonna col Bambino Sant’Antonio Abate e San Rocco). E’ stata una sorpresa, anche se non per tutti. Si tratta infatti di un affresco di grandissimo pregio che ora a Nicola la comunità parrocchiale vuole che resti visibile nella loro chiesa.

«Una grande  testimonianza di fede, oltre che un’opera d’arte preziosa, visto che se è davvero del ‘500, potrebbe essere l’affresco più antico della diocesi» dice don Carlo Cipollini, il parroco impegnato nella sua piccola-grande battaglia. Già, perché raggiungere quell’obbiettivo è tutt’altro che facile, sia per ragioni di ordine tecnico che per considerazioni squisitamente artistico-architettoniche. Difficoltà che la Soprintendenza non si nasconde, visto che si dovrebbe modificare una parete settecentesca, quella cioè che ha coperto l’affresco fino ad oggi (l’altra parte era nascosta dalla tela). Le istanze di don Carlo non sono però cadute nel vuoto, e venerdì scorso a Nicola è arrivata la Soprintendenza per un accurato sopralluogo. C’erano gli architetti Anna Ciurlo (funzionario responsabile per Architettura e paesaggio area Spezia Nord) e Massimo Bartoletti (Beni storico artistici) i quali hanno attentamente esaminato l’affresco, parzialmente visibile anche sotto la parete, grazie all’operazione di ripulitura della restauratrice Marzia Bertolla che ha rimosso alcuni detriti. Un’operazione che l’esperta ha illustrato ai funzionari, ipotizzando una possibile parziale modifica della parete e dell’altare in modo da dare maggiore visibilità all’affresco, che misura circa 1,70 m per 1,20 di altezza. Operazione fattibile? Da parte della Soprintendenza c’è molta cautela, anche perché c’è il timore che l’intervento possa alterare un assetto, quello della parete settecentesca, a sua volta oggetto di tutela. Non facile, insomma, conciliare le esigenze di visibilità dell’affresco del ‘500 con quelle del mantenimento dell’assetto successivo.

Come si muoverà la Soprintendenza? «E’ chiaro che un’operazione del genere – chiarisce Massimo Bartoletti – presuppone un’indagine ed uno studio molto approfonditi, dovranno essere valutati tutti gli aspetti dal punto di vista artistico e architettonico. E’ positivo comunque che il problema sia stato posto, e il sopralluogo di oggi è il primo passo». L’esame è stato molto approfondito. L’architetto Anna Ciurlo è salita sull’altare sottostante l’affresco ed ha ascoltato le osservazioni della restauratrice. Le valutazioni e le eventuali decisioni verranno in seguito. Al sopralluogo di venerdì ha partecipato anche l’architetto Luca Cappetta che ha seguito il restauro della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo avvenuto nel 2016 e portato a termine grazie al contributo di uno sponsor e alla collaborazione del professor Stefano Musso, ordinario di Restauro alla facoltà di Architettura a Genova. «La completezza formale dell’assetto originario è un valore da conservare – osserva Cappetta – ma è anche vero che l’opera ha in sé un messaggio importante. Bisogna cercare di trovare un compromesso fra le due esigenze».