Conte, le mani sullo scudetto dopo Sarri

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Salvatore

Mannino

Da aretino ad aretino, dal subentrato sulla panchina amaranto della maledetta stagione del 2007 all’allenatore titolare di quella squadra. Eh sì, non c’è ancora la matematica, ma lo scudetto sembra aver preso decisamente la strada della Milano interista. E’ Pasqua di resurrezione soprattutto per il Cannibale Antonio Conte che si prepara a rivincere il titolo a sette anni di distanza dall’ultimo conquistato con la Juve. Prendendo appunto il posto di Maurizio Sarri, che aretino non lo è solo da ex tecnico del Cavallino ma anche di residenza.

Gli ultimi dubbi cadono a Bologna in una partita che la Beneamata vince di misura (ma senza rischiare mai e con un altro ex come Ranocchia in campo), nella giornata in cui il Milan cede altri due punti. Ora sono otto di distacco e il Cannibale deve ancora recuperare il match interno col Sassuolo. Potenzialmente undici, dunque, distanza che pare irrecuperabile per tutti, compresa la Juve campione in carica, protagonista di una stagione al limite del disastroso, non escluso il pareggio interno col Toro.

A questo punto, la carriera di Conte, partita appunto da quell’Arezzo del 2007 (e chissà come sarebbe finita se il presidentissimo Mancini non gli avesse dato il benservito dopo la retrocessione di Calciopoli) diventa la più prestigiosa di un allenatore italiano ancora in attività: tre scudetti alla Juve, i quarti di finale dell’Europeo con un’Italia più forte in panchina che in campo, il titolo in Inghilterra col Chelsea, e di nuovo il tricolore ormai imminente con l’Inter. Solo Allegri negli ultimi dieci anni è riuscito a vincere lo scudetto con due squadre diverse. Dire che Andrea Agnelli non l’ha rivoluto alla Signora per tigna. Che si tenga Pirlo, per contrappasso.