Scissione a un passo: base Pd col fiato sospeso. Ceccarelli a Rossi: qui non esce nessuno

L'assessore regionale sabato a Roma alla riunione della sinistra, oggi si è svolta l'assemblea nazionale. Fra i big pochi tentati dalla rottura

Vincenzo  Ceccarelli (Foto archivio)

Vincenzo Ceccarelli (Foto archivio)

Arezzo, 19 febbraio 2017 - La scissione ormai è ad un passo: sembra l'esito dell'assemblea nazionale, seguita con il fiato sospeso dai militanti del Pd, precipitati in una situazione fino a qualche giorno fa imprevedibile.

Un clima che si respirava forte fin dalla vigilia di ieri. Si fa anche fatica a trovarli quelli che una volta mettevano in piedi le feste dell’Unità, non ci sono circoli Pd aperti in città, al massimo li trovi in Valdarno dove resistono ancora le case del popolo. Il militante lo trovi da solo, al bar o all’angolo della strada. E lo trovi lacerato dalla possibile scissione. «Spero si trovi una mediazione - sussurra ad esempio un vecchio big ora fuori dalla politica - ma se ci fosse, io sto con Bersani ed Emiliano».

Voce isolata? «Non credo proprio - confessa ancora - in quel malaugurato caso ci sarebbero grosse sorprese anche qui ad Arezzo». Sorprese, ma quali? La voglia di andarsene pare ridotta ai minimi termini ed è per prima la base, se di base si può ancora parlare, che tifa per un accordo in extremis. E anche tra gli esponenti di più alto profilo la paura di una scissione fa novanta.

PRENDIAMO Vincenzo Ceccarelli, il big più big di tutti, assessore regionale legato a doppio filo a Enrico Rossi, il governatore che ieri ha Roma ha indetto la grande adunata della minoranza. Ceccarelli lo ha seguito, era presente al teatro Vittoria e già la partecipazione è un segnale forte. Ma attenti, fra la presenza romana e l’abbandono del Pd c’è il mare di mezzo.

Anzi, da quello che siano riusciti a ricostruire, l’assessore alle infrastrutture ha già parlato con Rossi dicendogli che in caso di scissione lui rimane nel Pd e che ad Arezzo nessuno o quasi se ne andrà. E lo stesso messaggio, parola più parola meno, è stato recapitato al governatore dal segretario provinciale Massimiliano Dindalini, uno che renziano non è mai stato, uno che ha votato Bersani nella prima sfida delle consultazioni primarie e che poi ha appoggiato Cuperlo nella tornata che incoronò il Matteo da Rignano.

INSOMMA, anche i più critici verso Renzi, pur chiedendo al segretario uno sforzo di mediazione, non paiono intenzionati a scendere dalla nave per approdare in un lido incerto con la scialuppa degli scissionisti. Certo, i dubbi non mancano e attraversano non solo gli amministratori o chi comunque fa politica.

Gli amministratori, intanto: non si intravedono defezioni all’orizzonte tantomeno nei sindaci Pd, molto meno di una volta in provincia ma comunque in numero nutrito. Oltretutto, la scelta dell’addio potrebbe mettere a repentaglio maggioranze a oggi solide, un discorso che può valere per la stessa giunta regionale,considerando la posizione di Enrico Rossi.

Pure questo rimbalza nei discorsi dei militanti e dei simpatizzanti, timorosi delle conseguenze di una scissione anche in relazione ai governi comunali in un momento di assoluta confusione politica. Siamo dunque in pieno psicodramma mentre corrono le interpretazioni sull’assemblea nazionale appena conclusa. E così sugli scenari. Presenti e futuri.

di Salvatore Mannino e Sergio Rossi