Siena, 29 marzo 2013 - La città vuole e ha diritto di sapere. "Parleremo quando ci sarà da parlare. Per favore ora lasciateci lavorare". È più o meno quello che chiedevano anche i dipendenti comunali di Siena protagonisti di un’infuocata assemblea l’altroieri finita con l’occupazione della Sala delle Lupe. Alla ricerca di spiegazioni a quei particolari contrattuali, e alle loro condizioni di lavoro, che mancano già dal 2012. E che dal gennaio scorso hanno costretto sindacati e Rsu aziendali a dichiarare lo stato di agitazione. E così, si diceva, i dipendenti comunali hanno preso ad alzare la voce verso quel commissario che ormai quasi da un anno guida Palazzo Pubblico: una presa di posizione a chiedere anche a loro di "poter continuare a lavorare come hanno sempre fatto, pur senza vedere corrisposte a pieno le loro fatiche". E dunque, ieri mattina, di tutta risposta il commissario Laudanna se ne esce con l’ennesimo silenzio rotto solo da quel "fateci lavorare", con tanto di rinvio del confronto. Inusuale per chi pur con mandato ministeriale deve comunque assolvere alla funzione del sindaco.

PACCIANI: "NON CORRERE IL PALIO? NON SIAMO IN GUERRA"

Fatto sta che la protesta dei dipendenti comunali lascia il segno: vuoi per quella proposta di "far a meno del Palio per un anno pur di assolvere ai servizi essenziali"; vuoi per l’ennesimo posto di lavoro senese che si scopre in difficoltà. Vuoi per quella nuova tegola caduta l’indomani con la censura della Corte dei Conti al bilancio comunale a togliere anche quel poco di serenità rimasta; e vuoi perché, infine, il confronto fra amministratori e amministrati è da qui in avanti aperto, di petto. "Per il 2012 il Comune deve ancora erogare alcune poste, tra cui quella fondamentale legata alla produttività, ma anche quella dei progetti (Palio, manifestazioni, partite, ecc.) - spiega Simone Pizzichi della Funzione pubblica Cgil -. Per il 2013 poi l’incertezza è assoluta: il fondo cui sono legate le parti variabili degli stipendi è da costituire, la riorganizzazione del lavoro attesa non c’è. Sono arrivate solo le nomine delle ‘posizioni organizzative’, non concordate peraltro con i sindacati e che vanno a pesare sul fondo stesso. E’ come se al posto di fare il passo se ne fosse fatto mezzo e per di più nell’altra direzione. L’uscita sul Palio non è un ragionamento del sindacato né una proposta, messa fra l’altro sul piatto da chi tutti gli anni organizza e lavora alla Festa, ma una riflessione sì. Una valutazione della programmazione a questo punto di rigore, di fronte ad un personale chiamato in causa e mal corrisposto".

E così ecco oggi il ‘secondo round’ del confronto: alle 9 sindacati e Rsu saranno accolti in Comune dal commissario. Chiamato questa volta a dar spiegazioni. E le certezze sono finite, da tempo: appare lontana la revoca dello stato di agitazione - anche se non c’è intenzione di andare allo sciopero -, almeno fino al 5 aprile prossimo quando il tavolo di raffreddamento aperto dal prefetto arriverà direttamente a Palazzo pubblico. Quando insomma sarà un altro rappresentante del Governo a chiedere conto. Se, per mesi, l’accusa più frequente mossa ai senesi era stata la ‘collusione’ - aver accettato gli eventi senza discutere, vedere, parlare - questa pare, oggi, solo un ricordo lontano. Ormai tutti parlano e i temi dell’attualità sono al centro del dibattito cittadino, soprattutto on line, laddove la rete ha sostituito le vecchie ‘chiacchiere da bar’. Non sempre, va detto, con risultati eccellenti. Ieri non è stato da meno e la proposta-provocazione lanciata dai dipendenti comunali ha fatto parlare a lungo. Purtroppo, come spesso negli ultimi tempi, più per ‘tifoserie’ e schieramenti preconcetti che con un vero confronto costruttivo.

Le posizioni sono sostanzialmente due. Da una parte la rivolta di chi non accetta di rinunciare al Palio per niente al mondo: perché è il primo tratto del senso di appartenenza, perché significherebbe affossare la storia mettendo a rischio anche il futuro, perché darebbe il fianco a chi ama denigrare la città, segnandone la fine inevitabile. E anche perché quei giorni rappresentano un motore per l’economia, il turismo, l’immagine di Siena. Come sostenere i costi della Festa, poi, è un’altra storia e anche qui circolano ipotesi varie e fantasiose, dall’"esproprio" dei palchi da parte del Comune all’autotassazione delle Contrade. Dall’altra parte, al contrario, c’è l’apertura a tratti timida di chi dice: in fin dei conti, perché no? Di fronte alla crisi, difficoltà delle famiglie, al dissesto comunale, ai servizi essenziali a rischio, perché non fermarsi un giro, togliere il ‘circenses’ e pensare per un attimo al ‘panem’? Non che i fondi da destinare al Palio siano in grado, da soli, di risolvere i problemi, ma sarebbe comunque un segnale di responsabilità, rigore, analisi. L’unica cosa certa sembra la conferma che parlare di Palio sia a volte l’unico modo per scrollare la città dal torpore. E allora, se serve a innescare il dibattito, ben venga. A patto che non si perda di vista l’obiettivo reale.

di Paola Tomassoni e Giulia Maestrini