Grosseto, 15 dicembre 2013 - «NON SONO risalito a bordo della nave perché Paolo Mattesi mi disse di rimanere a terra. Ecco perché passai il cellulare a Martino Pellegrini. Questa è la verità». Francesco Schettino, comandante della Costa Concordia, cerca di «girare» le accuse che come un macigno lo stanno inchiodando al processo dove è imputato per la morte di 32 persone. Racconta la sua versione dopo le parole di Martino Pellegrini, primo ufficiale di coperta e safety officer dell’ammiraglia di Costa Crociere come teste al processo. Tentando di ribaltare la sua dichiarazione sotto giuramento.

Dice di non essere stato assalito dalla codardia quando era sul molo di Giglio Porto, ma che fu Costa Crociere a comunicargli che sulla nave, per coordinare lo sbarco, lui non sarebbe dovuto risalire. Compito che sarebbe toccato a Martino Pellegrini. Paolo Mattesi era invece il responsabile della sicurezza di terra di Costa Crociere. Aveva lavorato con Schettino, (era il suo comandante in seconda) sulla Costa Europa. E la notte del 13 gennaio 2012 lo chiamò al cellulare, da Genova. Poche parole che dovrebbero ribaltare, secondo Schettino, il punto forte dell’accusa: il comandante non si rifiutò di risalire sulla nave.

Comandante, cosa le disse Mattesi al telefono quella notte mentre lei era sul molo?
«Mi disse che sarei dovuto rimanere a terra a disposizione. Anche perché il giorno dopo sarebbero arrivati i responsabili della Compagnia».
E quindi?
«Quindi sono deluso dal suo comportamento, poco etico per un primo ufficiale. E’ stato reticente».
Racconti la dinamica delle chiamate di quella sera...
«Ricevetti la telefonata da Mattesi che mi disse di rimanere a terra. Solo a quel punto gli passai al telefono Pellegrini. Poi....»
Poi?
«Pellegrini aveva gli occhi lucidi, aveva paura. Credeva che la nave non fosse stabile dopo il ribaltamento. Voleva parlare con sua moglie, gli detti il mio telefonino. E’ la verità, basta chiedere agli inquirenti e controllare le telefonate».
Come andò a finire?
«Arrivò un gommone dei vigili del fuoco, caricò Pellegrini, e si diresse verso la nave. Salì la biscaggina di sinistra, illuminata dalla motovedetta. Quando lo rividi dopo neanche un’ora mi disse testualmente: ‘Era inutile che salissi’».
Perché accusa Pellegrini di essere stato reticente?
«Non lo so. Mi ricordo però quello che ha detto l’infermiera Raluca Soare. Che ha detto veramente come sono andate le cose sul lato dritto».
Come lo vive questo processo?
«Esco di rado, mi dedico allo studio delle carte processuali. Sto lottando per far emergere le cose giuste e quelle sbagliate. Mi piacerebbe che alla fine venga studiato un nuovo modo di navigare in crociera. L’industria del settore potrà partire da quello che è successo alla Concordia per adottare nuove misure. Regole più restrittive? Esatto. Magari quando un ufficiale in plancia vede uno scoglio sarebbe opportuno lo dicesse. Comunque qualcuno voleva indirizzare questo processo in una direzione. Procura e Tribunale non ci sono cascati...».
Tutto qui?
«Mi faccia specificare un’ultima cosa: tutti gli ordini impartiti al comandante in seconda, Roberto Bosio, uscirono dalla mia bocca. Lui ripeteva soltanto quello che gli dicevo alla radio di bordo. Invece sembra che io sia rimasto in silenzio in balia degli eventi. Anche gli ordini delle emergenze sono stati impartiti da me e divulgati attraverso la catena di comando di bordo. Tutto registrato dal vdr. Anche se qualcuno vuol far credere il contrario».