I depistaggi del Mostro. L’ultima indagine verso l’archiviazione

Il bossolo spuntò in casa di Pacciani, la perizia balistica aveva sancito che i segni erano frutto di una manomissione. Resta il giallo

I depistaggi del Mostro L’ultima indagine verso l’archiviazione

I depistaggi del Mostro L’ultima indagine verso l’archiviazione

Firenze, 3 luglio 2022 - L’ultimo e ormai unico fascicolo aperto in procura sul mostro di Firenze, volge anch’esso verso l’archiviazione. Si tratta dell’indagine sulla cartuccia che nell’aprile del 1992 spuntò dall’orto di Pietro Pacciani. Troppo tempo è passato per arrivare ad eventuali responsabili di quella alterazione rilevata dal consulente balistico della procura, Paride Minvervini: è più o meno questa l’estrema sintesi della richiesta che il procuratore aggiunto Luca Turco ha consegnato alcune settimane fa al gip, chiedendo la chiusura del procedimento aperto nell’ormai lontano 2019.

La maxi perquisizione. Erano gli albori degli accertamenti che porteranno poi il contadino di Mercatale nuovamente in carcere, e poi a processo: condannato in primo grado, assolto e scarcerato dopo l’appello. Ma quel proiettile calibro 22, Winchester con la lettera H sul fondello, uguale a quelli che avevano firmato gli otto duplici omicidi di cui il Vampa era accusato, resta ancora oggi una pagina oscura.

Il bossolo spuntò dal terriccio dentro un travetto di cemento da vigna, che Pacciani, accatastatore seriale, aveva adagiato nel suo orto per separare le coltivazioni.

Il contadino rimase sempre fedele alla sua versione, e cioè quella che qualcuno con quel “gingillo“, anticipato anche da una delle tante lettere anonime che in quegli anni il misterioso ’anonimo fiorentino’ inviava a pm, avvocati e a La Nazione, volesse incastrarlo. L’ipotesi era che la cartuccia, non esplosa, fosse stata alloggiata nella pistola del mostro, come dimostravano alcuni segni presenti sul corpo della cartuccia.

A Minervini, l’ex pm Paolo Canessa, affidò il compito di analizzare tutti i reperti balistici disponibili. Alla luce dei progressi della tecnica, il consulente avrebbe potuto aggiungere qualcosa di più, quanto meno alla verità storica della vicenda.

E’ arrivato un verdetto pesante come un macigno: l’impronta dell’unghia estrattrice sul bossolo che all’epoca fece accostare il reperto all’arma del killer, è stata artefatta.

Minervini ha provato a spiegare anche come, qualcuno avrebbe provato a replicare su quel proiettile l’inconfondibile impronta della semiautomatica fantasma: incamerando il bossolo nella camera di scoppio e dando dei colpi col martellino per imprimere il segno dell’unghia estrattrice. Questo, almeno, è l’esperimento che il consulente ha compiuto utilizzando due tipi di Beretta (una modello 71 e una modello 48), ottenendo un risultato identico a quello sulla cartuccia dell’orto.

Ma nonostante la richiesta di archiviazione, che riguarda esclusivamente profili di responsabilità penale individuali che non sono stati acclarati, la procura ha ordinato un ulteriore accertamento su quella cartuccia, che oggi si presenta scomposta in quattro parti forse a causa delle successive analisi chimiche mirate a “datare“ la permanenza del Winchester nella terra dell’orto di casa Pacciani. Ai Ris di Roma è stato chiesto di tentare di definire meglio la natura dei segni sul bossolo del mistero.

La discovery. Da domani, gli avvocati Vieri Adriani, Valter Biscotti e Antonio Mazzeo, legali di alcuni familiari delle vittime dell’ultimo delitto del mostro, avvenuto a Scopeti nel 1985, saranno autorizzati a visionare e prendere copia degli atti presenti in questo fascicolo. Nel precedente deposito, la perizia di Minervini era stata infatti coperta dagli omissis nella parte riguardante la cartuccia Pacciani. Per Adriani, però, con la “concessione“ del gip Silvia Romeo, "nonostante il parere contrario del pm, viene meno il presupposto stesso che abbiamo portato a fondamento della nostra richiesta di avocazione. Non c’è da far festa ma da preoccuparsi di fare opposizione all’archiviazione".