Ucraina, ex poliziotto fiorentino sfida le bombe: "Vado a salvare i bambini"

Alberto Andreani è partito per Kharkiv con un furgone carico di aiuti. L’obiettivo è raggiungere i parenti della moglie e portarli al sicuro a Vienna

Alberto Andreani nella sua casa di Vienna con la famiglia e gli ospiti ucraini

Alberto Andreani nella sua casa di Vienna con la famiglia e gli ospiti ucraini

Firenze, 5 marzo 2022 - Alberto Andreani, fiorentino, 58 anni, è stato un poliziotto della squadra mobile di Firenze che per la vita ha girato mezzo mondo. Adesso da Vienna, dove vive e lavora per le Nazioni Unite, sta facendo una staffetta umanitaria con il confine ucraino. Raggiunge il confine dalla Slovacchia, e carica quante più persone in fuga riescono ad entrare a bordo. Alcuni sono tutt’ora ospiti a casa sua, un primo sicuro punto d’appoggio in attesa di trovare una sistemazione definitiva.

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Ma non solo: ieri sera, Andreani si è messo alla guida del suo furgone, carico di viveri e carburante, e con un amico tenterà di raggiungere Kharkiv, la città dove è nata sua moglie e dove vivono ancora tutti i suoi parenti, il centro dell’Ucraina più pesantamente bersagliato dagli attacchi di Putin.

"Sono chiusi in cantina come topi da giorni - ci racconta Andreani, raggiunto telefonicamente -, adesso anche senza cibo e senza quasi più acqua". La missione è ai limiti dell’impossibile: prima tappa Kiev, per recuperare i familiari del suo compagno d’avventura, che viaggerà sulla propria macchina.

Poi destinazione Kharkiv, dove vivono la madre di sua moglie, i nipoti, "dodici persone carissime" che vuole portare a casa sua nell’attesa che l’incubo della guerra finisca. Per arrivare alla capitale ucraina, per superare controlli e schivare le bombe, servirà tutto il mestiere che Andreani ha acquisito prima da poliziotto, poi da agente dell’intelligence.

Dopo aver lasciato la questura fiorentina nel 2002, è stato in Kosovo, in Armenia, in Georgia, in Cambogia. Anche in Russia, prima che l’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione europea lo chiamasse a Vienna, dove è rimasto anche dopo il termine del suo incarico.

In queste ore la sua casa, è diventata un porto sicuro per madri con figli coetanei dei suoi, con cui ha condiviso il viaggio a ritroso, attraversando la Slovacchia, seicento chilometri circa. Ma adesso, ne dovrà fare molti più per raggiungere il cuore del conflitto. Tante le incognite, ma la determinazione non gli manca: "Lo so, non è una passeggiata. Ma non posso stare qui alla tv a guardare quello che sta succedendo. A Kharkiv ci sono dei bambini che mi attendono".