Perugia, 15 dicembre 2011 - La corte di assise di appello di Perugia ha depositato questa mattina le motivazioni della sentenza con cui il 3 ottobre scorso ha assolto Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l'omicidio di Meredith Kercher. In 143 pagine i giudici hanno motivato le ragioni che hanno portato alla scarcerazione dei due ragazzi. Secondo quanto scritto gli indizi ''non consentono, neanche nel loro insieme, di pervenire a ritenere provata in qualche modo la colpevolezza di Amanda Knox e Raffaele Sollecito per il delitto di omicidio'' di Meredith Kercher.  Inoltre, sempre secondo uno dei passaggi contenuti nelle 143 pagine di motivazioni depositate oggi ''non confermano l'ipotesi del necessario concorso di più persone nel reato'' il riesame delle risultanze processuali di primo grado e le acquisizioni legate alla parziale rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello.

 

"Il coltello non è l'arma del delitto"

La Corte sostiene che il coltello da cucina sequestrato in casa di Raffaele Sollecito non sia l'arma del delitto. Secondo i giudici ''se si prescinde dalle analisi genetiche'', ma i loro periti hanno giudicato non attendibili i risultati della polizia scientifica, ''viene in realtà meno qualsiasi elemento obiettivo significativo della ritenuta utilizzazione del coltello'' per il delitto. La lama è stata ritenuta compatibile - si ricorda nelle motivazioni - con la ferita maggiore riscontrata sul corpo della Kercher ma non con le altre lesioni. Sul coprimaterasso in camera della vittima - scrivono i giudici - ''è stata rilevata una impronta di sangue corrispondente chiaramente a un coltello di minori dimensioni''. ''Non è stata data alcuna prova'' poi all'ipotesi accusatoria che la Knox portasse il coltello in borsa per ragioni di difesa personale ma secondo la Corte di secondo grado ''a rendere del tutto inverosimile, secondo un criterio di normalità, che il coltello sia stato l'arma del delitto è la considerazione delle modalità del suo rinvenimento: nel cassetto della cucina di Sollecito insieme alle altre posate di uso domestico''. ''E' davvero verosimile - scrivono i giudici - che due giovani sconvolti certamente da quanto accaduto, trattandosi comunque di due giovani normali, 'bravi' addirittura si dovrebbe dire, dopo avere partecipato a sì barbaro assassinio abbiano avuto non solo la mente fredda e diabolica di non disfarsi del coltello ma riporlo insieme alle altre posate nella cucina dalla quale era stato preso, ma anche la durezza d'animo (e di stomaco) di continuare a servirsi di tali posate, forse anche del medesimo coltello, per prepararsi i pasti nei giorni successivi al delitto?''.  

 

"Caduti i mattoni della condanna"

Per i giudici, dunque "sono venuti meno gli stessi 'mattoni' della costruzione che portò i giudici di primo grado a condannare Amanda Knox e Raffaele Sollecito a 26 e 25 anni di carcere. "Non si tratta soltanto di una diversa ricollocazione di quei 'mattoni', tale da non consentire l'attuazione del progetto architettonico disegnato, ma piuttosto di una mancanza del materiale necessario per la costruzione". "Ed il venire meno degli elementi materiali del progetto accusatorio - scrivono ancora - non consente, ovviamente, di pervenire ad una pronuncia di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio".

 

Quasi certo il ricorso in Cassazione

 

Sembra destinata a essere sicuramente impugnata in Cassazione la sentenza con la quale la Corte d'assise l'appello di Perugia ha assolto Raffaele Sollecito e Amanda Knox dall'accusa di avere ucciso Meredith Kercher. Lo si è appreso in ambienti giudiziari. Il sostituto procuratore generale Giancarlo Costagliola ha comunque preferito evitare commenti. ''Non ci sono grandi sorprese'' ha detto invece il sostituto procuratore Manuela Comodi pubblico ministero in primo e secondo grado. ''Mi sembra - ha aggiunto - che ci siano grandi spazi per impugnare la sentenza. Compito che spetta comunque solo alla procura generale''.
 

 

 Sollecito: "Finalmente la verità"

 

"Raffaele ha letto le motivazioni della sentenza insieme a noi perché oggi era per caso a Perugia: ha reagito in maniera molto composta e si e' detto sollevato sottolineando che la verita' viene finalmente a galla". A riferirlo è l'avvocato Andrea Maori, legale di Sollecito. Una giornata speciale quella del giovane pugliese, che oggi era in Umbria per ritirare il diploma di laurea. "Lo abbiamo chiamato e ci ha raggiunto in studio - spiega Maori - a noi ha detto che ora spera che finalmente venga presto messa la parola fine a questa vicenda". Lette le motivazioni, Sollecito ha poi lasciato Perugia con il diploma di laurea.

L'avvocato Bongiorno: "Coerenza e rigore nella motivazione"

La motivazione della Corte di assise di appello di Perugia "è caratterizzata da estremo rigore logico e coerenza con gli atti". E' quanto afferma uno dei legali di Raffale Sollecito, l'avvocato Giulia Bongiorno, commentando come i giudici hanno motivato la sentenza con cui il tre ottobre scorso hanno assolto lo studente di Giovinazzo e Amanda Knox dall'omicidio di Meredith Kercher. Il legale giudica la motivazione "puntualissima anche sul tema del dna, nella parte in cui prende atto della possibile contaminazione del gancetto di reggiseno".

La Corte si esprime su Amanda

Nel corso delle indagini sull'omicidio di Meredith Kercher Amanda Knox venne sottoposta a interrogatori di ''durata ossessiva'', trovandosi in una situazione ''di notevole pressione psicologica, che definire stress appare riduttivo''. Lo scrive la Corte d'assise d'appello di Perugia. La giovane americana e' stata condannata a tre anni di reclusione per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba avendolo falsamente accusato di essere responsabile dell'omicidio Kercher.

I giudici hanno pero' escluso che questo reato fosse finalizzato a procurarsi l'impunita' dall'omicidio, come invece ipotizzato dai pm. Secondo i giudici d'appello la pressione psicologica sulla Knox fu tale ''da far dubitare della effettiva spontaneita' delle sue dichiarazioni''. Nelle motivazioni si parla di una condizione divenuta per lei ''davvero un peso insopportabile''. ''In quel contesto e' comprensibile - si legge ancora - che Amanda Knox, cedendo alla pressione e alla stanchezza abbia sperato di mettere fine a quella situazione, dando a coloro che la stavano interrogando quello che in fondo essi si volevano sentire dire: un nome, un assassino''. Facendolo l'americana ''sperava, verosimilmente, di porre fine a quella pressione, ormai dopo lunghe ore un vero tormento''.

 

Secondo la Corte se la Knox si fosse trovata all'interno della casa di via della Pergola al momento dell'omicidio ''la via piu' agevole per difendersi sarebbe stata quella di indicare il vero autore del delitto... perche' questo l'avrebbe resa credibile e non invece indicare un soggetto del tutto estraneo''. ''Ritiene dunque questa Corte che Amanda Knox abbia indicato in Lumumba l'autore del delitto - e' detto nelle motivazioni - soltanto perche' in quel momento, avendo coloro che la stavano interrogando insistito sulla spiegazione del messaggio a lui inviato (un sms di risposta dopo che il musicista allora gestore di un pub le aveva detto di non recarsi al lavoro - ndr) le apparve come la piu' breve e agevole per porre fine alla situazione in cui si trovava''.