LIVORNO-LAZIO 0-2

di Alessandro Antico

Livorno, 27 aprile 2014 – La disperata corsa verso la salvezza, il ritorno di Nicola sulla panchina amaranto, l'incognita sul futuro della società che il presidente Spinelli dice di voler vendere “alla persona giusta”: c'è di tutto nel piatto di questo Livorno-Lazio che per gli amaranto, però, finisce con una sconfitta per 0-2 senza appello. La classifica e la matematica ancora non condannano, ma l'impresa-salvezza adesso si fa più ardua che mai. 

ERRORI DA 'CORRIDA' - Il 'Picchi' non è pieno - e c'era da aspettarselo - ma i presenti fanno davvero un immenso atto di fede per sostenere una squadra deludente sotto tutti i punti di vista durante la partita, salvo poi dar vita alla contestazione alla fine, soprattutto nel piazzale davanti all'ingresso principale dello stadio.

Nicola ritrova Emerson in difesa ed è affiancato da Rinaudo, mentre a destra e a sinistra operano rispettivamente Valentini e Castellini. Biagianti e Duncan sono a centrocampo, con Mesbah sull'out sinistro. Le punte sono Paulinho e Siligardi, supportate da Greco.
Il Livorno deve fare la partita. Però deve anche fare attenzione a una Lazio che è sì priva di Klose, ma non ha rinunciato a un posto in Europa, quindi occhio al tridente composto da Mauri, l'ex Candreva e Keita. Infatti sono proprio i biancazzurri di Reja a fare subito la voce grossa: spingono, avanzano, si rendono pericolosi dalle parti di Bardi.

La forza degli amaranto sta nelle ripartenze e intorno al decimo minuto il meccanismo si mostra efficace con Siligardi in fuga, con Biagianti (bella conclusione di testa), con Mesbah che spinge sulla fascia di sua competenza.
Al 13' Ciani dà una spallata proprio a Mesbah in area, ma per De Marco non è rigore: la sensazione è che il difensore laziale sia intervenuto in pieno sull'esterno algerino e che quindi il fallo fosse netto. Ma tant'è.

Al 15' la papera di Bardi regala il vantaggio alla Lazio, a segno con Mauri. E' vero che Castellini non salta sull'attaccante della Lazio, ma il portiere si fa scivolare clamorosamente il pallone dalle mani e se lo ritrova dietro le spalle. E' un errore 'di coppia' pesantissimo sia da parte del difensore sul cross, sia e soprattutto da parte di Bardi.

Lo svantaggio ha l'effetto di fiaccare gli amaranto, che non mordono, non sfoderano cattiveria, non aggrediscono l'avversario. Nicola aveva chiesto di arrivare prima sui palloni, ma la squadra non sembra aver recepito l'ordine e si complica la vita andando avanti a casaccio.
La Lazio non è gran cosa, ma fa il suo: si chiude velocemente quando c'è da coprire, si stende quando deve ripartire e così per il Livorno in versione Nicola-bis è arduo trovare gli spazi giusti. La squadra amaranto poi denuncia i limiti palesati altre volte: procede a sprazzi ma di fondo è molle, senza passione e senza idee. La scossa di Nicola non arriva, il morale cala e la serie B è sempre più vicina.

Al 38' Bardi si riscatta con una gran deviazione in angolo su botta da fuori di Biglia: e meno male, perché sarebbe stata la stangata definitiva del ko. Il Livorno ha un sussulto negli ultimi cinque minuti del primo tempo e va al tiro da fuori area con Biagianti, ma la palla rasoterra finisce fuori. Ci prova a che Rinaudo di testa, ma niente da fare.

All'ultimo minuto è Siligardi a mangiarsi la più ghiotta delle occasioni: fa fuori due difensori, prosegue il dribbling ed entra in area, ma invece di servire Paulinho, che è tutto solo, pecca di egoismo e si allunga troppo il pallone, mando in fumo l'opportunità dell'1-1. Questo peccato di egoismo fa pari con la papera di Bardi.

NIENTE SCOSSA, SIAMO AL BUIO - Comincia la ripresa e in cabina di regìa c'è sempre la Lazio. Il Livorno non è efficace, non riesce a impostare una trama fluida, si fa schiacciare troppo e non dà segni di reazione adeguata.

Al 4' c'è l'episodio che, di fatto, chiude la partita e stende il velo pietoso sul Livorno. Rinaudo tocca il pallone con il braccio destro in area su tiro ravvicinato di Mauri. L'arbitro ritiene che il fallo sia volontario e decreta il rigore per la Lazio. Dal dischetto fa l'ex Candreva che insacca sotto la Curva Nord e non esulta. Dubbi, grossi dubbi sulla volontarietà del difensore di intercettare la traiettoria della palla con il braccio, ma ci sono ben poche attenuanti nel complesso per questo Livorno.

La cura Nicola-bis al momento non sorte gli effetti sperati e risulta difficile pensare che possa miracolare la squadra nelle ultime tre partite che restano da giocare. Già, giocare: parola grossa. Il malato da gravissimo che era va in coma. C'è da staccare la spina. L'ingresso di Belfodil al posto di Greco non cambia registro, la squadra rimane piatta, non reagisce. Lo stesso vale per Piccini al posto di Castellini e anche per il debuttante Bruzzi in luogo di Valentini. Paulinho è isolato là davanti, non riceve palloni giocabili. Belfodil lo stanno ancora cercando. Siligardi si vede a lampi. Ma è tutta la squadra che non gira, non ha il passo né il carattere giusto per tenere stretta con l'anima e con i denti una Serie A che impone ben altri requisiti. Aggiungere altro è solo una perdita di tempo.

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