Grosseto, 12 aprile 2013 - Lunedì prossimo, al Teatro Moderno di Grosseto, prenderà il via l'udienza preliminare per il disastro della Costa Concordia e per quella data i 30 avvocati italiani che assistono i numerosi naufraghi della nave si sono dati appuntamento per presentare tutti insieme alla procura di Grosseto una denuncia-querela contro tutti i membri dei consigli di amministrazione della Costa Crociere e della compagnia controllante Carnival Corporation & Plc, a seguito della decisione del gip di Grosseto di accogliere la richiesta di patteggiamento della Costa Crociere.

''L'obiettivo - ha spiegato l'avvocato Cesare Bulgheroni di Milano - è che la procura grossetana estenda le indagini alle compagnie per il concorso nei reati contestati agli attuali imputati''. Il gruppo di legali si chiama 'Giustizia per la Concordia', e si è formato per accusare le due compagnie di navigazione - la Costa e la multinazionale Carnival che la controlla - di aver concorso insieme agli attuali imputati ''a causare il naufragio della Costa Concordia e a ritardarne il soccorso così provocando la morte di 32 persone e mettendo a rischio la vita di altre 4.000''.

''La denuncia - ha spiegato ancora l'avvocato Bulgheroni - è basata sugli atti delle indagini preliminari e in particolare sui risultati dell'indagine della Capitaneria di Porto di Livorno sulle cause della sciagura. Secondo noi non è sufficiente fermarsi all'accusa contro Schettino, che sbagliò la manovra, ma sono da valutare anche le responsabilità delle società''.

Tra le accuse che i 30 legali contestano alla Costa ci sono ''l'aver consentito la pratica degli inchini sotto costa, avere dotato la Concordia di personale impreparato alle emergenze, avere dolosamente ritardato il salvataggio'' e l'evacuazione della nave. Nella denuncia-querela oltre alla critica sugli inchini, considerati ''antecedente causale necessario  del fatto'', si evidenzia che a bordo della Concordia non c'erano carte nautiche adeguate per la navigazione sotto costa.

Così i 30 legali hanno annunciato che, sempre in rappresentanza di vittime e parti offese del naufragio, il 15 aprile, all'udienza preliminare, si costituiranno parti civili di fronte al giudice Pietro Molino ''chiedendo che venga escluso il riconoscimento di Costa Crociere spa dal novero delle parti civili del processo''. Gli avvocati di 'Giustizia per la Concordia' chiederanno invece ''la citazione della Costa spa quale responsabile civile del disastro'' e confidano di ''ottenere dalla Giustizia Italiana risarcimenti proporzionati alla sciagura''.

LA DENUNCIA DEL VICESINDACO DEL GIGLIO - Intanto, in un video apparso su internet (radiobici.it) è racchiusa l'accusa che il vicesindaco del Comune del Giglio, Mario Pellegrini, rivolge a Costa Crociere "L'isola del Giglio è stata 'abbandonata'". Pellegrini spiega: "Prima avevamo un buon rapporto con la dirigenza della Costa, e ora non ci si parla più. Non so perché hanno interrotto loro". Alla vigilia della prima udienza preliminare nel procedimento per il naufragio della Concordia, il vicesindaco sottolinea che la nave è ancora là e "l'isola è vuota". "Ci sarà sicuramente la crisi a livello nazionale -continua Pellegrini- ma certi numeri non possono essere giustificati solo con la crisi".

Per Pellegrini, dunque, "siamo stati esclusi anche un po' misteriosamente sulla rimozione della nave sia dalla Regione che dal Governo. Vorremmo tornare alla nostra tranquilla vita che era prima, ci manca molto".

LE MOTIVAZIONI DELLA CONFERMA DEL SEQUESTRO DEI BENI DI SCHETTINO - Inoltre, sono state depositate oggi le motivazioni sul negato dissequestro dei beni del comandante Francesco Schettino. Il tribunale del riesame, ufficio circondariale di Grosseto, è convinto che il dissequestro dei beni di Schettino comporterebbe ''il concreto pericolo di dispersione delle garanzie patrimoniali'' e per questo lo scorso 10 aprile ha respinto il ricorso presentato dai legali del comandante. Il riesame ritiene infatti che Schettino potrebbe convincersi di disperdere il suo patrimonio rispetto alla possibile, enorme esposizione debitoria che lo potrebbe riguardare nel processo per il naufragio della Costa Concordia.

I beni di Schettino oggetto del sequestro conservativo, a garanzia del pagamento delle spese processuali e di eventuali risarcimenti, tra cui la casa, il garage e la moto, e sono stati congelati a concorrenza dell'importo di 494.068,05 euro corrispondente alle ''spese di giustizia''. Ora l'ordinanza del collegio di cui è presidente Michele Addimandi e giudice estensore Giovanni Muscogiuri parla di ''pericolo'' riguardo alla ''situazione di potenziale depauperamento del patrimonio del debitore che quest'ultimo potrebbe essere indotto a realizzare''. Un pericolo concreto, continuano i giudici, anche ''al cospetto del rischio di una condizione debitoria assolutamente ed oggettivamente esorbitante le sue possibilità di conservare il pregresso tenore di vita''.

Nel ricorso i legali di Schettino avevano evidenziato la correttezza tenuta finora dal comandante anche rispetto al suo patrimonio: ma il collegio sottolinea che il processo sulla Costa Concordia ''lungi dal rientrare nella normale casistica giudiziaria degli affari di giustizia penale, concerne uno dei più tragici e calamitosi disastri navali dell'ultimo secolo, di cui l'imputato (Schettino, ndr) figura accusato come principale responsabile con la conseguente sua esposizione ad un rischio debitorio che potrebbe verosimilmente indurre anche il convenuto processualmente più ardimentoso e sicuro delle proprie ragioni a manovre elusive della garanzia patrimoniale che il sequestro conservativo impugnato è finalizzato a scongiurare''.

In altre parti dell'ordinanza si respingono altre eccezioni sollevate dalla difesa di Schettino definendo ''infondate e inconcludenti le richieste difensive che contestano le modalità del sequestro dei beni'' laddove i legali di Schettino lamentavano anomalie nelle operazioni del sequestro, che è conservativo, perché ''curate dalla polizia giudiziaria invece che dall'ufficiale giudiziario'' e per ''l'affissione di sigilli alle cose sequestrate''. Circostanze che ''rafforzano il regime di immobilizzazione giuridica ed indisponibilità negoziale che il provvedimento cautelare è destinato a realizzare'' e ''ciò senza che risulti possibile ravvedere quale apprezzabile nocumento la loro presenza (sigilli, cartelli e avvisi, ndr) possa in effetti arrecare al proprietario''. Gli avvocati di Schettino avevano anche eccepito ''la sproporzione tra il valore economico dei beni dell'imputato sottoposti a sequestro conservativo e l'ammontare della somma ascrivibile al credito garantito dal sequestro''.