Samuele, la gioia della vocazione. «Mi affido completamente a Dio»

Sta per compiere 24 anni. Dopo il seminario diventerà sacerdote

Samuele Del Dotto insieme a don Luigi Pellegrini, parroco di Santa Rita (foto Umicini)

Samuele Del Dotto insieme a don Luigi Pellegrini, parroco di Santa Rita (foto Umicini)

Viareggio, 25 maggio 2018 - Si chiama Samuele Del Dotto, non ha ancora compiuto 24 anni (li farà il prossimo 16 luglio) ma ha già ricevuto l’ammissione al sacerdozio. E ha accettato di raccontarci la bella storia della sua vocazione.

Samuele, che tipo di formazione hai ricevuto?

«Mi sono diplomato al liceo classico e dopo un anno di università sotto Scienze della Formazione, a Firenze, ho deciso di entrare in seminario. Un’idea che avevo già in mente da tempo».

Come è maturata la tua vocazione?

«E’ difficile dirlo; nel vangelo di Giovanni, Gesù dice ‘non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi’. Ecco, io questo l’ho sperimentato in prima persona. Ho avuto qualche preavviso già alle superiori. Avevo tutto, ho coronato qualsiasi sogno di un adolescente: una famiglia unita, una ragazza, tanti amici. Avevo sperimentato anche la fede ma in maniera leggera. Poi ho vissuto una riscoperta».

E il momento della decisione?

«Mi trovo in difficoltà a dirlo perché non c’è. Semmai c’è un momento in cui ho incontrato la fede e Gesù, poi la vocazione l’ho maturata lentamente. Ho scoperto di poterla avere quando ero ancora fidanzato e solo dopo mi sono reso conto che ci dovevo provare. Quello che fin lì mi aveva dato gioia non mi completava più. Ne ho parlato col parroco e il percorso è iniziato con grande naturalezza, mi sono affidato a Dio».

E il percorso come si è evoluto?

«Preso il diploma volevo entrare subito al seminario, ma i miei genitori non mi hanno visto deciso e mi hanno convinto ad andare all’università. Dopo un anno però non ero sereno, e così mi hanno permesso di entrare in seminario, inizialmente in una fraternità a Villafranca Bagnone, in Lunigiana, che mi prospettava una vita contemplativa e religiosa. Ma dopo due anni, sempre con naturalezza, perché Dio parla al cuore, mi sono accorto che potevo spendermi al massimo nella parrocchia e nella comunità, trovando gioia nel secolo. E forse Dio mi voleva qui».

Famiglia e amici come l’hanno vissuta?

«Dopo l’iniziale opposizione, che in realtà voleva esser prudenza, bene. Gli amici hanno avuto reazioni diverse».

Come hai vissuto le rinunce che il sacerdozio comporta?

«La prima volta ho pensato che avrei detto di no a veder crescere mio fratello. Tra di noi ci sono 15 anni, Fabio ne aveva 5 quando sono andato via. Però, anche se si parla di rinunce, a me non è mai mancato niente. Le cose le vivo lo stesso, solo in modo diverso».

E adesso cosa ti prospetta la strada che hai scelto?

«Per ora altri due anni di seminario. L’ammissione è un passo importante, come un fidanzamento ufficiale, e ad oggi sono sempre in discernimento. Ma sono tranquillo: sento che Dio mi precede e ho il mio motivo per andare avanti, Gesù. Ci trovo una gioia che altrimenti non avrei avuto. E non c’è solo gioia, ma anche pace».