Quello sparo misterioso nella notte. Un finanziere morto e un killer 17enne

Trent’anni fa Luca Moriconi ucciso accidentalmente e per gioco da un ragazzino. Ma restano tanti punti oscuri

L’auto su cui viaggiava il finanziere Luca Moriconi, 25 anni

L’auto su cui viaggiava il finanziere Luca Moriconi, 25 anni

Viareggio, 27 novembre 2022 - Fu veramente lui? Fu quel ragazzo allora diciassettenne a sparare per gioco, spezzando la vita di un altro ragazzo pieno di vita che aveva un figlio di appena due anni. Trent’anni fa la Versilia, dove fiorivano i delitti spesso irrisolti, fu sconvolta da un caso che si risolse in poco tempo anche se per molti la conclusione processuale non è stata quella vera.

Tutto si consuma nella tarda serata dell’8 gennaio 1992. Luca Moriconi, 25 anni, agente della Guardia di Finanza in servizio presso lo stabilimento Agip di Livorno, viene ammazzato sulla strada che da Viareggio porta verso Massarosa. È ucciso da un colpo di pistola esploso nel buio della notte e sembra l’esecuzione di un killer. Il giovane agente stava tornando a casa insieme alla convivente Emiliana Fana, 25 anni. La coppia aveva un figlio di due anni. L’anno dopo, come prescrivevano i regolamenti militari delle Fiamme Gialle, si sarebbero sposati. Luca Moriconi doveva aspettare di compiere il ventiseiesimo anno per portare la donna fino all’altare. La sera hanno pranzato in un ristorante di Viareggio, sono stati al palazzetto del biliardo e verso le 22 sono saliti in auto, una Opel Ascona, diretti verso casa, verso Massarosa. Luca Moriconi era alla guida, Emiliana Fana sul sedile anteriore sinistro. Mentre l’auto si trova in un punto buio della via di Montramito qualcuno esplode un colpo di pistola. Il proiettile centra il finestrino posteriore destro, spacca il vetro, raggiunge al collo il giovane finanziere. Luca Moriconi riesce a fermare la vettura, scende e stramazza al suolo sanguinante.

Qualcuno si ferma e chiama l’ambulanza ma l’agente muore.

Ma chi ha sparato ? Si scava nella vita del giovane finanziere che non ha nemici. Nessuno di coloro che transitava davanti e dietro l’auto di Moriconi ha visto persone armate ai lati della strada. La svolta la fornisce la perizia balistica. Moriconi è stato centrato da un’arma da collezione, una Glisenti, in dotazione ai carabinieri nella seconda metà del XIX secolo. Ma chi poteva avere un’arma del genere e perché ha sparato? Era qualcuno che l’ha provata per gioco?

Come racconta il collega de La Nazione Giovanni Lorenzini che seguì il caso e che è autore del bel libro “Versilia noire” (foto di Aldo Umicini) sui delitti del nostro territorio, una decina di giorni dopo il delitto, in una fredda notte di gennaio si presenta al commissariato di polizia allora in via Battisti l’avvocato Roberto Ciniglio che accompagna un ragazzo di 17 anni pronto a confessare. "Sono stato io – dice il giovane – non volevo uccidere nessuno. È stata una disgrazia". Il giovane fornisce ulteriori particolare e cioè che la sera del 7 gennaio stava rientrando verso casa alla periferia di Viareggio in scooter. Ha avuto bisogno di fermarsi per un impellente bisogno fisiologico. Vicino al pilone di un viadotto ha notato nel prato un’arma l’ha presa in mano ed è partito il colpo che ha ucciso il povero Moriconi. La versione lascia perplessi, il ragazzo si costituisce perché gli inquirenti stavano arrivando a lui. Ma in quella notte e nei giorni a seguire molti si chiesero se le cose sono andate veramente così. Sta di fatto che il diciassettenne venne processato e se la cavò con una condanna non pesante. Copriva qualcuno? Chissà. Resta quella vita stroncata del giovane finanziere. Una tragedia assurda.