Panariello, "Quel fratello simpatico ma sfortunato"

Giorgio Panariello ha scritto un libro dedicato a Franco, morto in circostanze tragiche sul lungomare della nostra città

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Un libro di Giorgio Panariello, il comico, il mattatore, l’attore che riempie i teatri e i palasport, che in televisione fa ascolti da capogiro, che ci fa ridere con la sua ironia e simpatia, ma non è un una storia che parla del suo amore per i suoi amici a quattro zampe, e nemmeno un romanzo leggero e divertente… è un libro carico di sofferenza, coraggioso e spietato, che afferra il lettore per un braccio e lo trascina tra i fantasmi del passato dell’autore, rievocando l’affetto ricevuto dai nonni nell’infanzia, un amore capace di regalargli la giusta solidità per attraversare le fiamme di un inferno affettivo, di temprare il ferro della tenacia che gli ha consentito di arrivare al meritato successo (la gavetta Giorgio l’ha fatta eccome, e bella lunga, un esempio di pazienza e di costanza).

Ma il fulcro di questa storia, come si capisce dal titolo, è suo fratello Franco… Franchino… Stessa madre, ma un diverso padre, per tutti e due sconosciuto. Se il titolo lo traduciamo in francese, Je suis mon frère, forse si capisce ancora meglio il suo significato. Un libro che risulterà inaspettato per quelli che non sapevano nulla della vita di Panariello, ma anche sorprendente per la sua volontà di raccontare quelle vicende dolorose, che per molti anni si sono intrecciate con il suo percorso artistico. Un passato che forse ha lasciato in lui, nel fondo del suo sguardo, quella malinconia che spesso si trova negli attori che ci fanno ridere e sorridere, perché in fondo la comicità più bella non può e non deve fare a meno della sofferenza. Un passato avventuroso, fatto di speranza e di frustrazione, di desideri e di rinunce, di voli e di cadute, intrecciato con la via di un fratello meno fortunato di lui, dapprima sconosciuto, privo di quella base affettiva che ci aiuta ad avanzare nella vita, un fratello che Giorgio ha imparato ad amare con il tempo, un fratello simpatico, buono, ma disgraziato, un’anima persa ma carica di volontà, un eterno ragazzino con la maledizione dell’auto distruzione, un’esistenza dai contrasti estremi, che esce dalle pagine per venire a guardarti in faccia e sorriderti. Un passato da dimenticare è sempre un passato da ricordare, e non è una contraddizione.

“Io sono mio fratello” è un libro scritto bene, benissimo, perché quando si ha davvero qualcosa da dire le parole escono fuori da sole. Ma pensate che Panariello, raccontando i suoi dolori, rinunci all’ironia? Neanche per sogno. La sua anima è quella, e anche quando parla di sconfitte, di momenti tremendi e della morte dei nonni, arriva la frase che ci fa sorridere e al tempo stesso ci porta le lacrime negli occhi. Vi invito a leggerlo, anche per capire quanto fantasmi si nascondono nel passato di chiunque. Siamo abituati a immaginare la vita di una persona in base a ciò che conosciamo di lui, in questo caso l’aspetto “pubblico”. Sì, è un libro coraggioso, che cambia il modo di considerare Panariello e ce lo rende ancora più caro. Bravo Giorgio.