"Mai sacrificato i figli per il lavoro Alle ragazze dico: non arrendetevi"

Fulvia Codecasa, presidente di uno dei cantieri di famiglia, prosegue una tradizione iniziata 200 anni fa "La mia ispirazione è mio padre, come lui in azienda ho preferito andare in mare che stare in ufficio"

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Tra Covid e crisi energetica, le aziende rosa soffrono più di quelle gestite da uomini. Il calo delle imprenditrici è più alto di quello degli imprenditori. L’afferma Annamaria Frigo, presidente di Cna Impresa Donna Lucca, sulla base dei dati regionali: "Molte piccole e medie imprese condotte da donne hanno dovuto chiudere di fronte alla crisi". In provincia le imprese femminili rappresentano il 22,4% del totale. Ma la donna imprenditrice è prima di tutto donna, e non si scoraggia mai davanti alle avversità della vita, sul lavoro e in famiglia. Guarda avanti. E la rotta mai abbandonata da Fulvia Codecasa, erede di una famiglia della grande nautica più unica che rara, e appena diplomata, all’età di 19 anni, ha iniziato a lavorare nel cantiere di famiglia. Oggi è presidente del cantiere Codecasa Tre, mentre il padre Fulvio è presidente dei Codecasa Ugo e Codecasa Due.

A chi si ispira nel suo lavoro?

"Dal 1986 sono impegnata qui in azienda, che mi è piaciuta subito, dove mio padre Fulvio mi ha fatto da guida e mi ha insegnato l’amore per il lavoro. Devo a lui tutto. Non sono stata molto in ufficio e in amministrazione. Ho preferito andare a bordo delle navi in costruzione e seguirle dall’inizio al dopo varo, dal solo acciaio alle finiture più esclusive. In stretto contatto con l’ufficio tecnico, dal quale inizia sempre tutto. Esattamente come faceva mio padre, e prima di lui suo padre, e così indietro nel tempo. Noi Codecasa siamo imprenditori della nautica che hanno sempre messo al primo posto il lavoro, anche duro e anche quello svolto in prima persona".

Nel 2025 saranno 200 anni da quando Giovanni Battista Codecasa era maestro d’ascia. Che effetto le fa questa discendenza?

“Dovremmo essere gli unici in Italia e anche al di fuori, che detengono questo record, generazione dopo generazione. In me sento da sempre un richiamo verso questi luoghi di Viareggio, verso la Darsena. E’ un fatto che non so spiegare bene. Anche quando mi sono sposata, nel 1991, con mio marito Ennio, e poi quando ho avuto tre adorati figli, Matteo, Niccolò e Chiara, ho cercato sempre di lavorare finché mi è stato possibile. Senza nulla togliere alla mia famiglia ovviamente. Da imprenditrice in un settore così particolare come il nostro, la presenza in cantiere è importantissima. Così mi sono organizzata più possibile. Sveglia prestissimo, corsa a piedi, e poi al lavoro, in motorino, perché non sopporto le code inutili in auto. Pausa pranzo veloce e pomeriggio ritorno sulle barche“.

Ha sacrificato qualcosa al mondo degli affari?

“No, quando i figli erano piccoli loro avevano il primato su tutto il resto. Dico anche che Ennio è davvero sempre stato collaborativo e disponibile a casa e ovviamente nel crescere i nostri figli. Da quando sono autonomi però, noi due abbiamo ripreso al cento per cento i nostri impegni”.

In questi ultimi anni le donne imprenditrici sono sempre meno. Come lo spiega?

“C’è crisi, lo sappiamo. Ma un consiglio che mi sento di dare alle ragazze e anche alle donne più in là con gli anni, è sicuramente quello di non scoraggiarsi alle prime difficoltà. Capisco bene le diverse situazioni nelle quali una giovane può trovarsi, ma le esorto a fare tutto quanto possibile per credere nel loro sogno e nella loro attività, con fermezza e caparbietà. Anche in periodi difficili come questo. Noi donne, lo confermo, abbiamo un marcia in più”.

Walter Strata