
C’è il cadavere del professor Ermete Rosi sulle colline di Seravezza. La gente si interroga, un giovane carabiniere indaga, decine di personaggi ruotano attorno ad una verità da definire. L’ex sindaco di Seravezza, Ettore Neri, si lancia nella scrittura noir col romanzo "L’inchiesta di San Lorenzo", in uscita venerdì, che è anche un omaggio alla ’sua’ Seravezza. Il ’pallino’ per la scrittura per la verità Neri l’ha già dimostrato con due raccolte di racconti edite tra il 1999 e il 2003
Come nasce questo libro?
"Ho cominciato 15 anni fa, poi quando sono stato più libero dagli impegni politici ho ripreso il filo dei primi capitoli. Il racconto mi intrigava: ho colto la scusa del giallo per raccontare i soggetti e il loro profilo psicologico. Ci ho messo circa 3 anni per concluderlo, poi l’ho fatto leggere ad alcuni amici ed è piaciuto e ho avuto l’opportunità di avere il contatto della casa editrice Sem".
La prima presentazione?
"Da confermare il 23 giugno. Ma sicuramente sarà in piazza Carducci perchè il romanzo è ambientato nelle strade di Seravezza e non volevo un ambiente istituzionale"
Perchè il titolo "L’inchiesta di San Lorenzo"?
"E’ il patrono di Seravezza, il romanzo inizia con un incendio che il 7 agosto infiamma le colline; senza contare che San Lorenzo fu bruciato vivo in epoca romana e in città si celebra con la focata alla vigilia".
Quindi anche i personaggi sono in salsa locale?
"Ho sempre amato scrivere cose completamente fuori da fattori biografici o autobiografici. Ho solo preso spunto da qualche caratteristica: ad esempio il sindaco descritto nel libro esteticamente ricorda l’ex primo cittadino di Forte, Umberto Buratti, anche se con un temperamento più burrascoso come il mio".
Il punto di forza del libro?
"Il finale non è quello canonico da romanzo giallo. Rileggendolo a posteriori mi accorgo di quanto sia un grande omaggio a Seravezza, alla natura, alle colline, al fiume e ai suoi suoni. Ho cercato di raccontare la commedia umana: contraddizioni, lati oscuri, i dolori e i limiti caratteriali. Il personaggio principale, che è il professore trovato morto, diventa protagonista nei racconti diversificati che gli altri fanno di lui. Così come accade nella vita. Ed è inrigante anche la figura del giovane maresciallo dei carabinieri che a 35 anni si trova a seguire il caso".
Il personaggio a cui è più legato?
"Sono un po’ tutti figli miei. Mi ha affascinato il franco-libanese che, filosofeggiando, stimola la riflessione anche all’investigatore: una figura giunta a Seravezza dopo l’inizio della guerra civile in Libano. In questo caso mi sono ispirato a un amico vero, un uomo intrigante dal punto di vista intellettuale".
E’ contento?
"Sono molto soddisfatto. E continuerò a scrivere".
Francesca Navari