E’ ancora tutta da scrivere la vicenda giudiziaria relativa alla sparizione di oltre 130 opere di Nino Campeggi, l’artista fiorentino deceduto un paio di anni fa a 95 anni, autore, come si sa, di numerosi manifesti dei più acclamati film di Hollywood, da Casablanca a Cantando sotto la pioggia, da Un americano a Parigi a Colazione da Tiffany.
Per la sparizione delle opere i carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale di Firenze hanno indagato Antonio e Walter Catalano, padre e figlio, rispettivamente di 74 e 44 anni, residenti a Torre del Lago. Entrambi sono accusati dalla Procura fiorentina di furto e ricettazione.
Per l’avvocato difensore dei due indagati, Gianluca Pajatto (nella foto), però, la magistratura starebbe cadendo in un clamoroso errore giudiziario. E questo perché, secondo la versione della difesa, Antonio Catalano era amico del Campeggi e alla sua morte fu proprio la vedova dell’artista a chiedergli di catalogare le opere. "Ma quelle rinvenute nell’abitazione di Catalano – spiega l’avvocato Pajatto – sono solo 69. Dove sono finite le altre? E’ evidente che le indagini dovranno proseguire per individuare chi veramente ha sottratto le opere".
L’avvocato Pajatto, d’accordo con i suoi assistiti, ha già inoltrato richiesta di interrogatorio "dove – spiega il legale – spiegheremo la realtà dei fatti e produrremo la documentazione comprovante la totale infondatezza delle gravi imputazioni contestate".
Il legale si dice sicuro che le accuse rivolte a padre e figlio siano assolutamente infondate e calunniose. "Antonio Catalano – spiega l’avvocato Pajatto – era amico sia del compianto Nino Campeggi sia della vedova Elena Renzoni (la quale, per esempio nel gennaio 2020 è stata ospite del Catalano nella sua abitazione di Torre del Lago) e proprio in virtù di questo rapporto di amicizia era stato autorizzato dalla stessa Renzoni a catalogare le opere dell’artista. La vedova del Campeggi era perfettamente a conoscenza dove si trovavano le opere avendo lei stessa delegato il Catalano a prenderle per restaurarle poiché erano in cattivo stato di conservazione. Non corrisponde al vero la circostanza che la casa del Campeggi fosse disabitata: vi ha sempre abitato la Renzoni insieme al proprio governante. Oltretutto – ribadisce il legale – delle 134 opere denunciate ne sono state rinvenute nell’abitazione del Catalano, soltanto 69". Dove sono finite le altre? Resta il mistero