La prima mattina senza fare nuovi ricoveri

Il dottor Panichi, responsabile area medica del "Versilia", racconta la pandemia: "Danno una mano gli specialisti di ogni branca"

C’è il mondo fuori e il mondo dentro: il confine è una porta pneumatica, di quelle tagliafuoco, sulla quale è stato appiccicato un foglio con la scritta "Area Covid". Non è soltanto il varco d’accesso da un reparto all’altro dell’ospedale, ma il fronte di un’emergenza. Si entra per guarire o essere guariti. "Ma chiunque abbia attraversato quella porta non lo dimentica più" dice il dottor Vincenzo Panichi, responsabile dell’area medica del Versilia. Ieri nelle media intensità, 96 posti letto distribuiti in due reparti, è stato una mattina importante: "Per la prima volta da quando è iniziata la seconda ondata - spiega Panichi – dal Pronto Soccorso non avevamo nuovi pazienti da ricoverare, un segnale incoraggiante. E già da sabato la pressione sull’ospedale ha iniziato a calare. Forse anche dall’osservatorio del Versilia iniziamo ad intravedere un piccolo spiraglio di luce, una tregua dopo un periodo davvero difficile. Neppure ad aprile abbiamo accolto tanti pazienti e visto colleghi ammalarsi...". Lunedì erano 126, tra sub-intensiva, riabilitazione e rianimazione, le persone ricoverate. Più che negli altri ospedali dell’Asl Toscana Nord Ovest. Più di quanti si poteva immaginare: "Sapevamo che sarebbe arrivata una seconda ondata, ma non un altro tsunami".

Dottor Panichi, l’ospedale Versilia è stato messo a dura prova. Come ha affrontato questo secondo picco epidemico?

"Con il senso di responsabilità e la collaborazione di tutti. Nei reparti Covid lavorano tra venti a trenta medici provenienti da tutti i reparti: quindi dalla nefrologia, dalla neurologia, dalla gastroenterologia, fisioterapia... Professionisti di tutte le specializzazioni si sono messi a disposizione per affrontare questa emergenza, e per consentire ai colleghi di riprendere fiato. E ci sono più del doppio degli infermieri impegnati ad ogni turno, con una grande competenza e un’immensa passione. Questo ci ha permesso di andare oltre, superare le difficoltà e trovare un equilibrio in una situazione complessa".

Come vivono, all’interno del reparto, le persone ricoverate?

"A marzo, quando ci siamo trovati catapultati in quest’epidemia, i malati che entravano in reparto erano increduli, anche inconsapevoli. Si trovavano per la prima volta di fronte a medici vestiti come astronauti, faccia a faccia con un nemico sconosciuto. Avevano paura, perché non sapevano cosa li aspettasse. Adesso quando varcano la porta sono pienamente coscienti. Tante, tantissime volte in questo mese mi sono sentito dire ‘Dottore, m’ha beccato anche me’. Adesso i malati che entrano hanno paura perché sanno cosa, nella peggiore delle ipotesi, può aspettarli...".

E poi non ci sono visite, quando si entra nell’Area Covid si perde ogni contatto con l’esterno.

"Per il paziente il personale sanitario è l’unico tramite con ciò che viene lasciato fuori. Ne siamo pienamente consapevoli, ed è la parte più crudele di questo virus. Cerchiamo quindi di spezzare il senso di solitudine di chi sta dentro e anche di sostenere chi aspetta fuori, sappiamo che anche questa è una nostra responsabilità".

Dove trovate la forza di affrontare ogni mattina questo virus?

"Per quando mi riguarda da tutti i pazienti che incontro. Quelli che prendiamo in carico dal Pronto Soccorso, a cui stringiamo le mani come figli. Che a volte, quando la situazione si complica, vengono trasferiti in terapia intensiva. E a quel punto aspetto... Aspetto l’urlo di gioia dei colleghi quando arriva la telefonata e ci viene comunicato che quel paziente che abbiamo lasciato è pronto per tornare in reparto. Quella è una vittoria di tutti".

E dal mondo fuori, quello che applaudiva sui balconi?

"C’è ancora una grande sostegno. Tutti mi incoraggiano, e anche le persone che mi capita di incontrare. Come il vigile che la scorsa mattina mi ha fermato per un controllo mentre venivo in ospedale. Quando ha visto il tesserino mi ha detto: ‘Forza dottore, coraggio’.".

Martina Del Chicca