La beffa dell'abito in promozione. Il costo di 5,99 euro lievita a venti

La cliente rinuncia ma non le rendono i soldi e deve comprare lo stesso

Un negozio di abbigliamento (Foto di repertorio Germogli)

Un negozio di abbigliamento (Foto di repertorio Germogli)

Viareggio, 3 dicembre 2018 - Pensa di acquistare una maglia al prezzo promozionale di 5,99 euro ma invece il costo era di 20. E’ la disavventura capitata a Luisella Tosca Floris di Pietrasanta nel punto vendita in Passeggiata a Viareggio di una nota catena di abbigliamento. Il fatto, definito dall’interessata «molto grave, sleale e lesivo dell’interesse del consumatore», oltre che ai giornali, è stato segnalato alla Agcm (Autorità garante della concorrenza e del mercato), alla trasmissione “Report” di Rai 3 e all’Associazione Consumatori. La signora racconta che aveva deciso di «acquistare una maglia scelta da un espositore sul quale era posizionato un cartello con il prezzo di 5,99 euro stampato a grande carattere così come grande era la scritta “promo” che lo accompagnava». Alla cassa, dopo aver dato alla commessa 20 euro, non le viene però dato il resto «perché la maglia, mi viene detto, costa 20 euro e non 5,99». La cliente scopre così che il prezzo era “a partire da” 5,99 euro come indicato sul cartello, solo che «il carattere di stampa della scritta “Da/From” sul cartello era pressoché invisibile». 

La signora, nella lettera inviata anche alla sede centrale dell’azienda con relativa documentazione fotografica, sostiene che si possa trattare di una presunta «pubblicità ingannevole nei confronti dei consumatori, in quanto induce il consumatore a credere una cosa per un’altra». Ma la vicenda non era finita. «Tutto si sarebbe potuto risolvere se – prosegue la cliente – , una volta precisato alla commessa che non ero più interessata all’acquisto del prodotto, mi fossero stati restituiti i 20 euro. Invece no. La commessa si è rifiutata di restituirmi i 20 euro e quindi, per non perderli, sono stata costretta ad acquistare un altro prodotto dello stesso importo pur non essendone interessata». La signora racconta di aver poi parlato senza successo con la responsabile del negozio, la quale ha ammesso che anche altre persone avevano reclamato. «Considero tutto questo assurdo e inaccettabile – prosegue la cliente – anche alla luce di quanto afferma il Codice Etico dell’azienda sul suo sito in merito al rispetto delle regole di trasparenza e di responsabilità etico-sociali. Non solo, ma come cittadina e consumatrice aggiungo che non posso accettare questo tipo di sopruso. La trasparenza e la sana pubblicità determinano la buona reputazione di un’azienda. Sicuramente la buona reputazione non si ottiene con acquisti forzati. I messaggi che compaiono nei cartelli promozionali di un prodotto devono essere chiari, leggibili con immediatezza, non possono indurre il consumatore ad acquisti che altrimenti non avrebbe fatto».