Il lavoro al femminile. Tasso occupazionale ancora troppo basso: "Così si frena l’economia"

In Versilia gli uomini hanno il 18% di probabilità in più di trovare un impiego. Banti (Pari Opportunità): "Le donne guadagnano meno dei colleghi maschi".

Il lavoro al femminile. Tasso occupazionale ancora troppo basso: "Così si frena l’economia"

Il lavoro al femminile. Tasso occupazionale ancora troppo basso: "Così si frena l’economia"

"Il tasso occupazionale femminile è ancora preoccupantemente basso, tanto da venire individuato a livello europeo, come uno dei fattori a causa dei quali l’economia italiana ha difficoltà a decollare. Ovviamente, non è il solo fattore, ma è uno dei più rilevanti. D’altronde, va anche rilevato il fatto che i lavori che vedono le donne protagoniste, statisticamente, sono di livello mediamente basso sia come tipologia, sia come retribuzione, in linea di massima più bassa rispetto a quella riservata ai colleghi maschi".

A dirlo è Piera Banti, a presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia che sottolinea: "Creare i presupposti per riempire il divario tra lavoro maschile e femminile è basilare per riuscire a realizzare un sostanziale cambiamento nella stessa società. E’ questa una delle strade da percorrere per contrastare tutti i fenomeni che contrappongono uomini e donne, a partire dalla violenza di genere".

I dati, del resto, parlano chiaro: l’Italia, nel corso dell’ultimo anno, secondo i dati del Global Gender Gap è scivolata verso il basso di 13 posizioni, da 63esimo a 79esimo posto. Ad essere peggiorata drasticamente è la rappresentanza delle donne in politica che ha visto scivolare l’Italia da un rispettabile 40esimo posto al 64esimo. Se prendiamo in considerazione la partecipazione e le opportunità economiche che le donne hanno, si ha un lieve miglioramento che ci vede passare dal 110° al 104esimo posto, che, comunque ci relega nella parte bassa della classifica. Pressoché invariata la collocazione nel ranking relativo all’accesso all’educazione, dove guadagniamo una posizione (dalla 60esima alla 59esima).

Il Report Divari di Genere della Regione Toscana più recente, che confronta i dati nazionali e regionali con quelli internazionali è del 2021 e vede la media europea dei tassi di attività delle donne in età compresa tra i 20 e i 64 anni, attestartsi al 73%, mentre, nello stesso periodo di riferimento e la Toscana, in linea con le regioni del centro-nord, si avvicina al dato europeo, pur non raggiungendolo.

Guardando i numeri della disoccupazione, si evidenzia come nel nostro Paese la quota maggiore di persone fuori dal mercato del lavoro sia femminile, così come la disoccupazione è prevalentemente donna. Anche in questo specifico caso, si assiste a un forte divario tra genere maschile e femminile: in Toscana, gli uomini hanno una probabilità di essere occupati del 18% superiore alle donne. Il titolo di studio ha sicuramente un peso significativo: le giovani laureate al di sotto dei 25 anni hanno un tasso di occupazione ben più elevato dei coetanei, ma il dato si riduce drasticamente nelle fasce d’età fino ai 44 anni, momento che vede la donna potenzialmente divenire madre e, quindi, dover accudire i figli. Per quanto concerne la tiplogia di lavoro al femminile, questa si colloca principalmente nel settore dei servizi, all’interno dei quali il 22% riguarda il commercio, alberghi e ristoranti. Le professioni che assorbono la maggior parte delle donne sono, come da immaginario collettivo, commessa; impiegata; insegnante; estetista; parrucchiera e cameriera. Scarseggiano donne, invece, nelle forze armate; operatori di macchinari; conduttori di veicoli; operai in settori manifatturieri che non siano la moda e nelle costruzioni, ma anche tra gli imprenditori, gli amministratori e i direttori di medie e grandi aziende. In questi ultimi campi, la presenza femminile è dell’83% più bassa rispetto a quella maschile.

"Un tema fondamentale sui è nostro dovere impegnarci - afferma Banti - è quello della conciliazione: le donne, spesso, non accedono al mercato del lavoro o, quando occupate, lavorano e guadagnano meno degli uomini, poiché, ad oggi, restano le principali depositarie del lavoro di assisternza e cura non retribuito all’interno della famiglia, fatto questo che ha un forte impatto sulle prospettive occupazionali delle donne. Ritengo necessario il passagio da una politica della conciliazione a una politica della condivisione, anche grazie a una diversa organizzazione dei tempi e degli orari di lavoro retribuito di uomini e donne, da rivedere in un’ottica di una società realmente improntata alla parità di genere".

Secondo Banti, infatti, in questo modo si può pensare veramente a quel cambio culturale della società che si può riflettere in tutti gli ambiti: "Fondamentale - dice - può essere in tal senso il ruolo della Commissione Pari Opportunità della Provincia che raccoglie rappresentanti di molti Comuni del territorio e degli Ordini professionali. In tale ambito, infatti, si può aprire una discussione fattiva, che programmi iniziative concrete perché il divario che tuttora esiste tra donne e uomini in ambito lavorativo sia colmato. Solo in questo modo si può arrivare a una reale parità di genere, cosa che, ad esempio, comporta una sicurezza economica della donna anche al di fuori dal nucleo familiare e, di conseguenza, una maggiore sicurezza personale e un modo per contrastare anche la violenza di genere".