Il Blake lives matter e Charlot a braccetto

Le due opere di Allegrucci e Lebigre-Roger lasciano il segno. Convincenti il pianista Bosso di Vannucci e le tartarughe di Bertozzi

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Ce lo ricorderemo, questo inizio di Carnevale in maniche corte. Più un’oktoberfest senza birra (ha ragione Marzia Etna), una sfilata per pochi intimi a causa delle prescrizioni anti covid. E i carri? Hanno fatto la loro figura, come sempre. I costruttori di prima categoria, sordi ai richiami di Walter Siti, che con il suo “Contro l’impegno” ha vinto il Premio Viareggio, continuano a prediligere le buone cause: il rifiuto del razzismo, l’ecologia, la lotta alle disuguaglianze. Ma vediamo le prime impressioni, per forza di cose affrettate e rivedibili.

Cominciamo da “C’era una volta in America” di Jacopo Allegrucci. Ispirato al caso di George Floyd, che ha scosso le coscienze e rilanciato il movimento “Black lives matter”, ha il suo punto centrale nella figura di un’afroamericana in catene, con la divisa dei detenuti Usa e la corona della Statua della libertà. La donna, che si appoggia sul ginocchio sinistro, si alza con un movimento complesso che pure ha manifestato qualche incertezza. Da rivedere, ma per il momento, tanto di cappello. Impressionante. Voto: 8,5

Un altro carro che ci ha convinto è “Democrisia” di Lebigre-Roger. Tocca al Charlie Chaplin di “La febbre dell’oro” testimoniare lo scandalo delle disuguaglianze sociali a livello planetario, che si stanno sempre più aggravando. L’omino al centro della costruzione è intento a cucinarsi un vecchio scarpone, come nel film del 1925,ed è attorniato da avidi capitalisti che divorano letteralmente denaro e risorse. La semplificazione cromatica, con prevalenza di sfumature di grigio, beige e ruggine, contribuisce ad accrescere l’impatto dell’insieme. Poetico. Voto: 8,5

Un messaggio di ottimismo arriva da “Vita” di Roberto Vannucci, che punta sul talento di Ezio Bosso, direttore d’orchestra e compositore, morto l’anno scorso dopo una coraggiosa lotta contro una malattia neurodegenerativa. Il musicista è al piano – notevole il movimento delle dita sulla tastiera – circondato da elementi verticali, con volumi ben equilibrati. Il carro si avvale di movimenti rotatori che donano dinamismo. Vitalistico. Voto: 8 Non è un mistero che gli animali, sui carri carnevaleschi, facciano spesso un buon effetto. E’ questo il caso di “Sotto sotto” di Luca Bertozzi, che al suo debutto in prima categoria punta su tre tartarughe di mare, la maggiore delle quali è davvero imponente. Il messaggio del carro magari non sarà chiarissimo, ma l’impatto è garantito. Metaforico. Voto: 7,5

Spettacolare e di immediata comprensione la battaglia al centro di “Artemide“: la natura si ribella” di Luigi Bonetti. La dea che i latini chiamavano Diana è impegnata in una lotta senza quartiere contro il demone della morte e sta per scoccare la sua freccia. Le figure, i colori e i volumi sono azzeccati, l’effetto sui viali a mare è sicuro. Scenografico. Voto: 7,5.

“Wonderful World” dei fratelli Cinquini e Silvia Cirri è un omaggio a Nelson Mandela. Il carro chiuso si presenta come un parallelepipedo di grosse pietre, metafora della lunghissima reclusione subita dall’attivista politico diventato poi presidente del Sudafrica. Il carro aperto vede al centro un’arca con il personaggio di Mandela, molti animali e personaggi da salvare, da Einstein a Dante, da Pinocchio a Homer Simpson. Liberatorio. Voto: 6,5.

“Esci da questo corpo” di Fabrizio Galli è l’unico carro grande dedicato esplicitamente al virus che da oltre un anno e mezzo ha cambiato le nostre vite. Galli si rifà alla robusta tradizione dei mostri carnevaleschi, rappresentando il coronavirus come un demonio-idra delle molteplici teste. E si auto- cita con la figura femminile sdraiata in primo piano. La salvezza, dice l’autore, verrà dalla medicina e dagli operatori sanitari. Esorcizzante. Voto: 6

Si scaglia contro la deforestazione “Amazonas” di Alessandro Avanzini, un costruttore che sa il fatto suo – lo si vede dalla modellazione della figura indigena al centro del carro e anche dai cromatismi – ma stavolta ha consegnato una costruzione veramente troppo piccola. Miniaturizzato. Voto: 6

A proposito di debutti nella categoria maggiore, è meno riuscita la prova di Luciano Tomei, che con “Si può fare” sceglie un tema prettamente carnevalesco. Un pagliaccio-pittore con il pennello in mano campeggia al centro della costruzione, intesa come un invito all’ottimismo. Una mano di colore può sconfiggere ogni avversità. Un carro semplice, quasi démodé, forse troppo. Tradizionale. Voto: 5.

Umberto Guidi