“Non son solo Canzonette“. Quegli sketch e quelle canzoni della tradizione teatrale viareggina sono come l’epica, nata per tramandare ciò che muore e dunque per non farlo morire del tutto. Ecco perché quando la compagnia “Banda di Matti“ ha annunciato il ritiro dalle scene, l’impossibilità di riportare sul palco uno dei tanti successi di Enrico Casani, del quale ha raccolto l’eredità artistica, la sensazione è stata di perdere qualcosa di prezioso. Col rischio che sia davvero per sempre.
Perché è anche attraverso l’arte della Canzonetta – che ha avuto Egisto Malfatti, Enrico Casani, ma anche Gianni Lenci, Foffo Martinelli, Claudio Morganti, Lora Santini, Alessandro Bonuccelli ... tra i suoi interpreti più brillanti – che si tramanda la storia della città: il vernacolo, i suoi personaggi indimenticabili, un sentimento. È anche attraverso la tradizione della Canzonetta se abbiamo avuto il privilegio di poter tornare indietro nel tempo, pur andando avanti. "Ma è diventato tutto troppo difficile".
"Un tempo avremmo pagato per entrare nella compagnia del Casani, oggi invece – racconta Bobo Pasquinucci, anima di quella Banda di Matti – manca il ricambio generazionale". Intorno al Casani, ad esempio, si muoveva un mondo. "Lui pensava alla regia e ai copioni, poi c’era il produttore, chi organizzava la biglietteria, quello che faceva le scenografie, la costumista, chi pensava alle affisioni...". "Oggi – prosegue Pasquinucci – non è più così. E senza neppure il sostegno delle istituzioni diventa davvero impossibile andare avanti". Da due anni viene chiesto alla compagnia di pagare l’affitto del Teatro Jenco per mettere in scena la Canzonetta; "Sono 3.700 euro per quattro serate, a cui si sommano i costi per il service, l’allestimento, la Siae... Per fare uno spettacolo fatto bene lo scorso anno abbiamo speso 13mila euro, coperti interamente dal costo dei biglietti". Perché se c’è qualcosa che non manca, nonostante tutto, è il pubblico.
Ma non è solo un problema economico, "È una questione di visione. Raccontare e celebrare il passato di Viareggio non è la retorica de “Be mi’ tempi“, è il modo per dare futuro ad una storia che rappresenta una comunità. E per dare la gambe a questa storia bisognerebbe coinvolgere anche i bambini". Pasquinucci ci ha provato anni fa, portando nelle scuole “l’ora di Viareggio“. "Raccontando dell’Artiglio, di cosa sono i pinugliori. Chi erano la Zoria, Picciù, lo Skofic..." E portando le scuole a teatro, "Per assistere alla Canzonetta". "Ma senza un progetto sostenuto dalle istituzioni locali, senza nemmeno gli scuolabus per portare i ragazzi in sala, come si può pensare di far sopravvivere tutto questo?".