Del Ghingaro: "Fuori i capi bastone dalla sanità pubblica"

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Nel silenzio della Regione, del Pd e dei sindaci dell’Area Vasta, Giorgio Del Ghingaro approfondisce le ragioni delle sue dimissioni dalla presidenza della Conferenza dei sindaci Asl, In polemica col modo in cui è stata confermata la Dg Maria Letizia Casani, e contro le intenzioni di trasferire i dirigenti sanitari versiliesi Campani e Corsini: "Gestire la collocazione dei manager o dei professionisti senza una visione d’insieme può fare molti danni. Pensiamo alle liste d’attesa. Per questo è necessario lasciare fuori dalla porta la politica, i rapporti di forza, i capi bastone e concentrarsi sull’azienda sanitaria, sulle sue debolezze e sui punti di forza. La direzione generale è il vertice, ma i responsabili delle articolazioni costituiscono l’elemento strutturale che tiene in piedi tutto. Ad ogni cambio o conferma delle direzioni generali c’è sempre stato un lavoro particolareggiato e approfondito da parte dei responsabili del governo della Sanità. Penso alla due figure fondamentali che lo affiancano: il direttore sanitario e quello amministrativo, ma anche ai direttori degli ospedali e delle zone distretto. Quel lavoro che metteva in evidenza le criticità da superare, le modalità con le quali risolverle e quali caratteristiche avrebbero dovuto avere le figure preposte alle varie attività, è mancato. Almeno per quanto riguarda il coinvolgimento della Conferenza dei sindaci: se è stato fatto con altri soggetti questo non è di mia competenza.

Mi sarebbe sembrato il minimo, come presidente della Conferenza, essere informato preventivamente. Mi sono sforzato di fare da raccordo tra le esigenze dei colleghi sindaci e quelle della Asl e della Regione, ma ora mi rendo conto che è impossibile continuare a farlo. Il coinvolgimento dei sindaci è diventato un orpello, addirittura un fastidio, se si chiedono spiegazioni.

Il fatto di essere libero mi permette di dire quello che penso, non è nel mio stile occupare un posto senza lavorare per meritarlo, così come accettare supinamente decisioni prese da altri e per di più non condivise".