Tamponi, l’odissea dei figli ignorati dall’Asl

Una mamma racconta la malattia tra attese vane, lungaggini e confusione degli uffici, con 3 bambini barricati in casa da un mese

Tamponi

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Camaiore, 2 dicembre 2020 -  I racconti dei cittadini persi nel marasma dei tamponi anti Covid si sprecano. A volte qualcuno esagera, vista la pressione sul sistema sanitario. Ma la disavventura in corso nella famiglia di Tania Veschetti è un’odissea senza fine. Lei, 43 anni, s’è ritrovata positiva col marito di 47 anni, una dei tre figli di 8, 9, 13 anni, e in contemporanea (anche se vivono altrove) con la mamma e due sorelle pure loro contagiate. Una terza sorella ha scansato il Covid e s’è ritrovata a fare la spesa per tutti, un mese di fila, mentre l’assistenza Asl non ha brillato, per usare un eufemismo. Tania si sfoga con la voce rotta, a tratti, dalla rabbia e dal risentimento: "Ho accusato i sintomi del Covid e il medico di famiglia mi ha segnato il tampone il 5 novembre, eseguito l’8 e con risposta positiva il 9. Anche mio marito ha fatto il tampone l’11 novembre e il 12 era positivo. Allora abbiamo mandato una mail all’Asl per far prendere in carico i bambini. Il 13 ci ha contattati l’Asl da Cecina, il giorno dopo l’Asl di Pietrasanta. Ho spiegato i sintomi dei bambini chiedendo il tampone per loro, hanno detto ci avrebbero ricontattato in 2 o 3 giorni. E invece nessuno ha più chiamato. Il 23 novembre il nostro medico ha chiamato mio marito, preoccupato perché dal computer gli risultava che ero ricoverata: invece sono stata male, ma a casa, facendo cortisone e antibiotici prescritti dal medico di famiglia. Allora abbiamo chiamato un numero dell’Asl di Pietrasanta, datoci da mio cognato anche lui positivo e quindi già contattato dall’Asl, e finalmente hanno preso in carico me e mio marito, ma non i nostri figli". E siamo al 24 novembre, 19 giorni dall’inizio della tregenda.  

L’Asl annuncia che i bambini devono fare il tampone (ma va’!) per essere presi in carico, e poi ricevere la mail per il rientro a scuola. "I tamponi ci vengono assegnati il 29 novembre – prosegue Tania – io spiego che dopo tanto tempo potrebbero i miei figli essere negativi, ma l’Asl dice che valuterà la situazione. Poi personale Asl di Pietrasanta chiama me il 27, e il 28 mio marito, per essere presi in carico. Ma noi genitori non eravamo già stati presi in carico in precedenza? Con un nuovo tampone mio marito risulta ancora positivo il 29, mentre io ricevo dall’Asl la mail della mia guarigione: dicono che posso uscire, sarò davvero negativa? In realtà non uscirò ancora per un po’, per la sicurezza degli altri: ma tutti si comportano così?".  

Comportarsi con coscienza però non sempre dà diritto a un premio. Anzi. Così il calvario della malattia con i figli chiusi in casa per settimane prosegue: "Il 30 arrivano i risultati dei miei figli, due sono negativi e uno positivo. Allora il 30 novembre chiediamo all’Asl di fare il test sierologico ai due bambini negativi, per accertare che abbiano davvero gli anticorpi e rimandarli a scuola facendo una vita normale. Ci rispondono che il sierologico non ha nessuna valenza. Allora perché gli insegnanti l’hanno fatto? Secondo l’Asl invece i bambini devono aspettare che la sorella torni negativa e poi fare altri 14 giorni di quarantena. Se va bene li liberano a fine dicembre, nonostante tutto il tempo perso: avrebbero dovuto essere presi in carico entro 48 ore, cioè l’11 novembre".  

«Ci sono famiglie intere che nel giro di 48 ore sono state prese in carico e hanno fatto tutti il tampone - conclude -. Ne conosco una in Lombardia, a loro hanno fatto così. I miei figli sono chiusi in casa da 10 novembre: ora abbiamo mandato la più grande dalla nonna, anche lei positiva ma sta bene, per vedere di aiutare i più piccoli che potrebbero tornare a scuola il 17 dicembre. Ma se qualcosa va storto resteranno in casa fino a gennaio. Intanto i politici vanno a fare le passerelle negli ospedali".  

b.n.