Delitto Ragusa, la criminologa Vagli rinuncia al caso Logli: "La difesa sbaglia strada"

L’avvocato Anna Vagli e la genetista forense Teresa Accetta hanno rinunciato al mandato di consulenza

La criminologa Anna Vagli

La criminologa Anna Vagli

Versilia, 11 gennaio 2023 - La criminologa Anna Vagli, versiliese, volto noto in tv e spiccata professionalità, rinuncia al caso di Antonio Logli, l’ex dipendente del Comune di San Giuliano Terme condannato a 20 anni con una sentenza definitiva per la morte della moglie, Roberta Ragusa, e l’occultamento del cadavere. Lo ha annunciato ieri con un laconico messaggio sui social, ma la decisione è ponderata e decantata come le si addice, dopo che a dicembre la Corte d’Appello di Genova ha rigettato la richiesta di revisione della condanna. Logli protagonista di un caso mediatico di omicidio adesso da rivedere in Cassazione? La moglie, Roberta Ragusa, è sparita nel nulla la notte tra il 12 e il 13 gennaio 2012. L’omicidio sarebbe avvenuto in una situazione di crisi familiare accentuata dalla relazione, nota a Roberta, del marito con una collaboratrice della vittima. Secondo i giudici Roberta pensava alla separazione dal marito, lui invece voleva portare avanti la sua relazione parallela ma allo stesso tempo non voleva separarsi temendo le conseguenze economiche. Adesso la decisa Anna non condivide la linea difensiva dell’avvocato genovese Andrea Vernazza che ha adito il terzo grado di giudizio. 

Avvocato Vagli ha rinunciato al caso Logli. Può spiegare perché?

"Ho rinunciato al mandato conferitomi da Logli, unitamente alla dottoressa Teresa Accetta, per completa distanza rispetto alle scelte difensive del legale. Considerata la dichiarazione di inammissibilità della Corte d’Appello di Genova, sarebbe stato infatti ragionevole, a mio avviso, rivedere la linea. Quando un incarico impedisce di rimanere fedele ai miei valori, alle mie convinzioni ed alla mia professionalità, è tempo di lasciarlo. Questo è accaduto. Il fil rouge dovrebbe essere l’interesse del cliente, spesso non è così. Poi, lo dico in generale, l’essere donna e giovane talvolta è una grossa tassa da pagare. Io sono stata consulente, e lo sono tutt’oggi, in numerosi casi. Anche mediatici. E sono una professionista che se deve dire il suo pensiero lo fa senza troppi giri di parole. Il confronto non sempre è apprezzato da chi ci vorrebbe ancora a studiare o a fare le segretarie. Si tratta di etica ancor prima che di lavoro. Ad oggi ancora troppo sconosciuta".

Cosa significa per una giovane criminologa svolgere un ruolo come il suo? Trova che i media condizionino?

"Non è mai facile ricoprire un ruolo mediatico. Perché l’opinione pubblica ha un peso incredibile sia sulle sentenze che sulle strategie processuali. Io penso però che ciò che conta è agire sempre secondo coscienza. Al resto, piano piano ci si abitua".

Cosa la mette maggiormente in crisi nel suo lavoro?

"Complicato rispondere. Confesso però che la difficoltà maggiore la incontro rispetto alla cattiveria gratuita. E ce n’è moltissima in giro. Ecco penso che la cattiveria e l’invidia siano le armi più letali del nostro tempo".

Ha parlato di sgambetti: quanti? Per la sua età?

"Quanto tempo ho? (ride, ndr ). Tantissimi. Tra me e i miei colleghi c’è un gap generazionale di almeno vent’anni. Su di me ho sentito e letto di tutto. Dalle aule di giustizia al dietro le quinte delle trasmissioni. Mi sono sentita dare della raccomandata perché, senza agganci nella ricca Versilia, sarei ancora come i miei colleghi a mandare le raccomandate negli studi legali. Mi sono sentita inveire contro dicendo che nelle aule di giustizia posso solo spazzare, che “ho ancora il ciuccio”. Qualcuno mi ha addirittura dato della velina forense. In molti, mi hanno attaccato di non avere i titoli per parlare. Falliti i tentativi denigratori, c’è chi ha anche provato a muoversi su campi decisamente più spinosi. Ma si è dimenticato una cosa. Se in tutti questi anni sono rimasta in piedi è perché non ho mai fatto niente che non fosse legalmente consentito e mai mi sono messa in condizione di essere ricattabile. E questa è la miglior vittoria sul campo che abbia mai ottenuta. Ovviamente, in questi casi, ho anche nominato un avvocato. Poi beh, sono di fede juventina, e quando mi fanno arrabbiare sfodero la foto di Bonucci. Per me, vale più di altre mille parole".

Ha sempre creduto nell’innocenza di Logli. Nella giustizia nelle aule ci crede?

"Il sistema giudiziario non sempre premia chi dice la verità. A volte privilegia chi ha il potere di crearne una... questo è ciò che da sempre penso".

Cosa la spinge a scrivere?

"Scrivere è una delle mie più grandi passioni, la mia valvola di sfogo. Quando sono preoccupata o arrabbiata, datemi una penna ed un foglio. Così ho scritto i miei pezzi migliori". Avere o essere: che ne pensa? Quanto influisce sul successo?

"Essere, indubbiamente. Non c’è altra soddisfazione nel guardarsi allo specchio e riconoscere sempre se stessi. Sul lungo periodo, l’essere ripaga. Magari si può impiegare più tempo, ma uno dei segreti per vivere felici è quello di rimanere fedeli ai propri valori e, appunto, al proprio modo di essere. Molte persone etiche no, ma qualcuna sì. E ti dirò, incredibilmente, sono donne".

Quale prospettiva vede per Logli?

"Francamente, non lo so. L’udienza del 5 dicembre si è svolta con rito dibattimentale. Con l’arrivo del decreto di citazione, che recava il rito dibattimentale, avevo sottolineato all’avvocato l’eventualità. Lui era convinto che, trattandosi di fase rescindente, le parti civili non sarebbero state ammesse. Così, ha prodotto una sentenza di due decenni fa. Ovviamente, lasciando campo libero alle parti civili. Che, avendone avuto l’occasione, hanno discusso e presentato le loro memorie. In altri casi, molto più recenti, lo svolgimento è però stato analogo a quello di Genova. Dunque, non so che margine abbia il ricorso".