"Basta, con l’asporto non andiamo più avanti"

Troppo esigui gli incassi dei bar aperti a scartamento ridotto: "E quando la gente esce dal lavoro, noi invece dobbiamo chiudere"

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Perfino i bar che pure possono lavorare per asporto e delivery sono allo stremo. Non sanno quando, e soprattutto come, riapriranno definitivamente il servizio delle consumazioni al bancone e ai tavoli, e l’asporto produce incassi esigui. Così basta fare un giro in via Battisti per rendersene conto; a fare da sfondo ai pochi avventori dei locali ci sono solo le saracinesche abbassate dei negozi. Impacchettati con la carta sulle vetrine come bomboniere, senza però che sia niente da festeggiare.

"Non c’è nessuno a giro — sottolinea Loredano Ciambelli del Caffè Vip — si sta qui solo per presenza. Ormai sono tredici mesi e mezzo che siamo in questa situazione, considerando i 3 mesi estivi in cui si è solo lavoricchiato. Ed è quello che speriamo di fare anche quest’estate. Di lavorare in pieno non se ne parla. Se si fanno 10 caffè è dire tanto, compresi 3-4 consumazioni per asporto dei dipendenti delle banche. Poi dalle 14,30 alle 17,30 è il vuoto. Dopo, complice il fatto che tanti escono dal lavoro, la situazione si rianima però noi siamo già chiusi. Quindi chi vorrebbe prendere un caffè, qualsiasi cosa, non può. Così ci troviamo così l’acqua alla gola, come nelle sabbie mobili, e intanto il nostro personale è in cassa integrazione ed è tutto fermo anche per l’estate".

Così anche Monica Sciorio della Cubana conferma: "Tutti i giorni ci si chiede cosa accadrà. L’asporto lo facciamo fino alle 18 ma gli incassi sono quelli che sono. E la situazione è dura perchè comunque le bollette e l’affitto continuano a esserci. Quindi non è facile, i dipendenti sono in cassa integrazione, in attesa che si torni a lavorare veramente. Però intanto gli aiuti non arrivano, qualcosa nel 2020 è arrivato ma nel 2021 ancora niente. Che poi si potrebbe anche chiudere per un determinato periodo, però con la certezza che arrivi qualche sostegno. Ma così non è. C’è da sperare bene, altrimenti ci sarà da chiedere il reddito di cittadinanza". "C’è da augurarsi che si possa riaprire a breve — dice Egidio Pardini dell’omonima caffetteria — se no sarà veramente dura. Con l’asporto si lavora relativamente, basti pensare che non puoi sostare davanti al locale: chi prenderebbe mai con piacere un caffè se deve andarlo a bere a un isolato di distanza? Poi con l’asporto vietato dopo le 18, non si vende neanche più un aperitivo. Servirebbe il ritorno almeno in zona gialla, dove effettivamente qualcosa si muove. Tra l’arancione e il rosso non c’è proprio differenza".

Concetti ribaditi da Paolo Ghilarducci del Caffè Mori. "Il caffè deve essere un piacere, per questo in zona gialla si lavora comunque di più. Uno si siede al tavolo, si rilassa ed è tutto nella norma. Questo vale anche per un tè, un aperitivo. A differenza di ora. Perché le bollette arrivano, luce, acqua e gas, l’affitto, tendendo conto che c’è anche chi ha famiglia, ma non si lavora allo stesso modo. Questa è la verità, quindi non è importante solo la data della riapertura ma anche come potremo farlo". "La cosa assurda — dice Davide Pellegrini del bar Irene — è che dopo le 18 uno può comprare un pezzo di pane ma non una bottiglia di birra chiusa e sigillata per l’asporto. Posso solo portargliela io con la consegna a domicilio. E’ chiaro che l’aperitivo in 50 fuori dal locale non va bene, ma anche scelte fatte solo in base ai codici Ateco non vanno bene altrettanto. Poi con l’ora legale alle 19 è ancora giorno, verrebbe normale stare fuori solo per prendere una cosa. L’asporto in generale un pochino va, però in ogni caso la gente a giro è quella che è e poi c’è anche la situazione degradata del mercato a fare da contorno".

Si lamenta pure Guido Berti del “Così com’è“: "Non bastano solo l’asporto e i colori, serviva anche l’asfaltatura in via Machiavelli che limita il passaggio e quindi i clienti. Con buona pace di noi che teniamo aperto nonostante tutte le difficoltà. Con la certezza che finché non si torna gialli non è che la situazione si smuovi molto: arancione o rosso che sia poco cambia". Non ha mezzi termini Angela Vittorio di “Isola dolce“ in via Mazzini. "I colori — sostiene — sono una barzelletta. E’ evidente che non è cambiato niente. Ormai sono mesi che ci troviamo in questa situazione e nonostante le chiusure, siamo sempre punto e a capo. Quindi anche le riaperture saranno così, quando al governo decideranno che gli andrà bene. E intanto noi ci troviamo così, a tirare su il bandone per guadagnare qualcosa che ci serva almeno a pagare le bollette. Bisognerebbe riaprire invece già da ora, non solo noi ma anche i negozi, per dare un po’ di respiro agli esercenti. E anche alle persone, che ormai non ne possono più".

Alice Gugliantini