A Ponente la Pineta diventerà Querceta?

I recenti interventi di manutenzione sono arrivati dopo lo stramazzamento di migliaia di pini nel corso dei decenni, mai ripiantati

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C’era una volta la Pineta di Viareggio. Per antonomasia era quella di Ponente, rinomata in ogni dove, dotazione che faceva la differenza rispetto a tante altre location balneari. Negli anni ruggenti l’immagine stilizzata della promozione di Viareggio era mare e Pineta, con le chiome dei pini domestici e le onde sullo sfondo. Cinquant’anni dopo si potrebbe chiamare Lecceta, Querceta, Faggeta: di pini ne sono rimasti proprio pochi.

E non si può nemmeno dare la colpa al Matsucoccus che ha distrutto mezza Pineta di Levante. Perché a Ponente i pini sono – erano – domestici, inattaccabili dal parassita rispetto a quelli marittimi sul fronte mare tra la Darsena e Torre del Lago. Ma nei decenni si sono sommate varie concause: la mancanza di manutenzione; l’invecchiamento naturale delle piante; la mancanza di qualsiasi politica di riforestazione; l’impaludamento dei terreni, strano a dirsi rispetto alla Macchia Lucchese, che ha però fatto stramazzare le alberature con le radici più superficiali, per l’appunto i pini.

Sta cambiando qualcosa? Sì e no. Recentemente il Consorzio di Bonifica ha risistemato i canaletti di scolo del terreno, collegati alla Fossa dell’Abate: assicurano che adesso, in caso di mareggiata, l’acqua finirà comunque in mare. In precedenza la Fondazione Cassa di Lucca aveva gestito un intervento milionario di pulizia e risistemazione degli arredi. Ma ad ogni stormir di fronda, ad ogni acquazzone, in Pineta di Ponente sono stramazzati tronchi, grossi rami, ramaglie. In alcuni casi è stata la fortuna che non ci ha fatto scappare il morto. Tanto che alla fine agli ingressi del viale Capponi è stato messo un semaforo per pedoni e ciclisti: scatta il rosso quando ci sono maltempo e particolari allerta meteo. E non è che questo meccanismo esista in tutti i parchi urbani del mondo. Ma qua la fragilità è endemica. Perché un parco urbano come quello di Ponente richiederebbe una manutenzione costante con squadre apposite di giardinieri. Il Comune non lo faceva prima del dissesto, figuriamoci dopo.

Comunque la giunta in carica ha finanziato la cosiddetta esedra, cioè il rifacimento dellingresso di viale Capponi da via Vespucci. D’estate torneranno sicuramente manifestazioni come quelle, a scartamento ridotto durante i picchi della pandemia, dello sport e dei mercatini. La Pineta di suo ospita molteplici attività ricreative, dal nolo di biciclette alla ristorazione, dai chischi bar ai giochi per bambini e adulti, lo storico Tennis Club... Col bel tempo l’attrazione turistica funziona, richiama tanta gente, residenti e villeggianti. Del resto, 50 anni fa il turismo balneare era molto diverso: era basato essenzialmente su famiglie e anziani, e non esisteva che un bambino piccolo fosse tenuto sul mare nelle ore più calde. Dopo pranzo, invece di tornare in spiaggia, molte mamme portavano la prole in Pineta, tra minigolf e giostrine.

Ma il tempo passa e cambia il mondo. Viareggio aveva perso charme. Poi è arrivato il Covid e gli affitti estivi, insieme agli spazi aperti, hanno riottenuto la gran richiesta degli anni ’70. Di nuovo, in Pineta, c’è la notte: sparita la prostituzione maschile che imperversò a cavallo tra ’900 e 2000, resta florido lo spaccio di droga nonostante le continue incursioni di polizia e carabinieri. Ceppaie e cespugli sono nascondigli ideali per le dosi, che lo spacciatore prende una per volta, in base al cliente, senza rischiare di farsi trovare dalle forze dell’ordine con le tasche piene. Ma di notte circolano tanti disperati, che nei locali aperti chiedono di cambiare le monetine in fogli da 5 o 10 euro. Sono il frutto dell’elemosina, ma gli spacciatori vogliono carta moneta, non fastidiosi pezzi metallici.

b.n.