Viareggio, 14 gennaio 2011 - L’hanno salutata per l’ultima volta nel modo più triste, più ingiusto, dentro ad una cassa di legno chiaro. La mamma e il papà di Rajmonda Zefi, la giovane madre uccisa la mattina del 31 dicembre dalle mani dell’uomo che aveva sposato, non avevano mai creduto che la loro figlia se ne fosse andata via da Stiava senza salutare, senza portare con sè i suoi due bambini: la piccola Hebby, di appena 3 anni, e Eric, l’ometto di 8. E infatti...

 

Ieri, nella chiesa di San Paolino, mamma e papà Zefi sono rimasti vicini. Le mani strette l’una in quella dell’altro per affrontare il funerale di Monda, come tutti la chiamavano affettuosamente, con la stessa dignità e compostezza con cui hanno sopportato la verità: un pugno nello stomaco. Accanto a loro anche i tre fratelli della giovane albanese, ormai viareggina, Brigel, Klejd e Nico.

 

Mentre papà Zefi si è alzato per ricevere l’eucarestia, il più piccolo dei suoi figli gli ha sistemato con amore la giacca marrone scivolata dalla spalla. Un gesto semplice, premuroso, che ha lasciato trapelare il forte legame che unisce questa famiglia albanese, arrivata a Viareggio per costruirsi un futuro felice e che invece dovrà fare i conti con il più tremendo dei dolori. Tutt’intorno uno stuolo di amici, di parenti, l’intera comunità albanese e tanti di noi. In un angolo, sistemati uno accanto all’altro sulle panche, anche i vicini di casa di quella che un giorno era la giovane famiglia Quinci. Sgomenti, sconvolti. Loro che dopo la funzione sono tornati tra le lacrime nelle loro case, arroccate sulla collina, in via Matteotti 814 a Stiava. Della famiglia di Francesco Antonio, marito e carnefice, non si è visto nessuno. A ricordarlo i nomi dei suoi figli, sangue del suo sangue, scritti sulla coccarda adagiata su un bouquet di rose bianche sistemato ai piedi di mamma Rajmonda.

 

Il compito più difficile, quello di lenire con le parole una ferita che non si rimarginerà più, è toccato a Don Franco Martinelli che ha stigmatizzato ogni gesto di violenza provando comunque a infondere un po’ di speranza. "Anche Gesù — ha detto nella sua omelia — ha subìto la più ingiusta delle violenze e sulla croce si è sentito solo e abbandonato da tutti. Proprio come Rajmonda. Però, nel buio della sofferenza, ha trovato la luce nella resurrezione. Anche Rajmonda saprà trovarla". L’uscita del feretro dalla chiesa di San Paolino, portato a spalla dai familiari, ha lasciato nell’aria l’odore acre dell’incenso. Poi la bara è stata accompagnata al cimitero della Misericordia dove Rajmonda riposerà per sempre.

 

Mamma e papà Zefi sapevano che la loro figlia non se n’era andata di sua volontà. Ma accettare che a portarsi via quella ragazza dai capelli biondi e dal sorriso enorme sia stato proprio Francesco Antonio Quinci, l’uomo a cui papà Zefi aveva lasciato sua figlia all’altare il giorno del matrimonio, è davvero troppo. Ora non solo dovranno fare i conti con la realtà, ma dovranno aiutare le loro piccole creature, Hebby e Eric, a capire quello che nessuno è ancora in grado di spiegare...