"Utero in affitto", moglie e marito rinviati a giudizio

La coppia si è rivolta, in un Paese dell'Est, a una donna che aveva messo a disposizione i propri ovuli poi fecondati con gli spermatozoi dell'uomo e impiantati nel suo utero

Donna in gravidanza, foto generica

Donna in gravidanza, foto generica

Terni, 25 maggio 2018 - Una coppia è stata rinviata a giudizio dal gup di Terni con l'accusa di alterazione di stato civile dopo essere ricorsa, in un Paese dell'Est Europa, alla pratica della maternità surrogata, il cosiddetto 'utero in affitto'.

Marito e moglie, per avere un figlio, si erano infatti rivolti a una donna che aveva messo a disposizione i propri ovuli, poi fecondati con gli spermatozoi dell'uomo e impiantati nel suo utero. Pratica questa permessa in quel Paese ma vietata in Italia. Dopo una segnalazione da parte dell'ambasciata italiana, che ha ritenuto il caso sospetto, al momento della trascrizione dell'atto di nascita, la procura di Terni ha aperto un fascicolo, contestando ai due genitori di aver fornito informazioni false all'ufficiale di stato civile locale.

Ricostruzione contestata dal difensore della coppia, l'avvocato Stefano Minucci. Per il legale «non è stata commessa nessuna falsificazione, visto che la pratica della maternità surrogata è perfettamente legittima» nella nazione dove è stata praticata. Il difensore ha sottolineato inoltre che nel 2016 la Cassazione, per un caso analogo avvenuto sempre in Ucraina, «ha riconosciuto la non sussistenza del reato». Come atto dovuto il figlio della coppia è stato riconosciuto parte civile nel processo.