A Perugia il seminario: «Reclutare nelle Università, modelli a confronto»

Promosso da «Obiettivo Università 19» l’incontro tra i responsabili degli Atenei di Firenze, Torino e del capoluogo umbro

Il professor Mauro Bove

Il professor Mauro Bove

Perugia, 18 giugno 2018- Come «Reclutare nelle Università?». Il tema è stato al centro del secondo seminario di studio e dibattito pubblico promosso dal gruppo «Obiettivo Università 2019» nei giorni scorsi al Dipartimento di Lettere. Nell’occasione, attraverso un confronto con esperienze differenti da quella perugina, si sono messi a confronto modelli diversi, in particolare adotatti nelle università di Firenze e Torino, per arrivare a dei comuni capisaldi. Tre in particolare: l’esigenza di una programmazione annuale delle risorse, la necessità dell’assegnazione delle risorse ai singoli dipartimenti benchè con meccanismi di ’supervisione centrale’ al fine di superare eventuali disequilibri; e meccanismi di premialità del merito che tengano conto sia della ricerca (ad esempio la capacità di vincere con progetti competitivi, risultati della VQR) che della didattica (ore di docenza complessive: valutazione degli studenti). All’incontro, al quale hanno partecipato una sessantina di persone fra docenti, personale tecnico e amministrativo e studenti, il professor Mauro Bove portavoce del gruppo «Obiettivo Università 2019», ha introdotto i lavori e i relatori tra cui la professoressa Paola Bruni, ordinario di biochimica e delegato alla programmazione dell’Università degli Studi di Firenze e il professor Enrico Maltese, ordinario di filologia classica e presidente della commissione organico dell’Ateneo di Torino. Dall’esame dei principi ispiratori adottati nelle realtà fiorentina e torinese per provvedere al reclutamento del personale docente e tecnico amministritivo, sono emersi due modelli completamente diversi di impostazione per dare risposte il più possibile soddisfacenti a problematiche di contenuto analogo che nascono dall’esigenza di coniugare le (poche )risorse disponibili con, da un lato le legittime aspettative di progressione di carriera di quanti già sono assunti nelle università ,ovvero si trovano in posizione precaria (come ad esempio i ricercatori di tipo A cioè a tempo determinato) e dall’altro l’imprescindibile bisogno dell’Università di investire nei giovani per garantire la propria sopravvivenza.