A Fontivegge con gli ‘angeli’ della strada. "La nostra missione è aiutare i più deboli"

In viaggio con le Unità di strada che tentano di strappare giovani e meno giovani dal cappio della dipendenza di droga e alcol

Paola e Nicola, operatori sociali della cooperativa Borgorete

Paola e Nicola, operatori sociali della cooperativa Borgorete

Perugia, 8 agosto 2020 - Il camper dell’Unità di Strada arriva puntuale a Fontivegge, a pochi metri dal varco della stazione. È un assolato giovedì di luglio. Paola e Nicola, operatori sociali della cooperativa Borgorete, sanno che ad attenderli ci saranno i "loro" ragazzi: consumatori occasionali di sostanze, persone inghiottite nell’abisso delle dipendenze, giovani in cerca di una mano tesa. Paola, Nicola e gli altri operatori vanno nelle piazze dello spaccio e del consumo per distribuire presidi sanitari come preservativi e siringhe pulite, e offrire strumenti idonei per ridurre i rischi legati all’abuso di stupefacenti.

Sanno bene quanto la strada sia un osservatorio privilegiato per intercettare i disagi e lo smarrimento di chi si muove nell’invisibilità e il quartiere dove hanno parcheggiato il camper, infatti, non è stato scelto a caso. "L’Unità di Strada (servizio del Dipartimento delle Dipendenze Patologiche della Usl Umbria 1) ha, in media, una trentina di contatti al giorno – spiega Catina Bufo, responsabile area dipendenze Cooperativa Borgorete – ed è nata a Perugia oltre vent’anni fa. Solo nel 2019 ha registrato 10mila contatti, con un 30% di utenti sotto i 26 anni. Collegato a questo servizio c’è il Centro di Accoglienza a bassa soglia, in via Enrico dal Pozzo, per venire incontro alle esigenze di chi non ha più una casa ed ha un’esistenza precaria per via del consumo di alcol e droghe. Qui può fare una lavatrice, cambiarsi gli abiti, lavarsi. Oltre ad offrire informazioni e presidi sanitari, mappiamo le zone della città per capire dove sia presente il fenomeno della tossicodipendenza di strada e accompagniamo, se necessario, le persone ai servizi socio-sanitari. Lavoriamo a stretto contatto con il Sert e la nostra mission è la riduzione del danno connesso all’uso di stupefacenti".

Mentre tutt’intorno la quotidianità della città scorre uguale ad ogni giorno, si avvicina al camper un uomo sulla cinquantina che gli operatori conoscono da anni. È stato risucchiato nel vortice dell’eroina fino a perdere tutto, ma ha un’andatura sicura mentre cammina verso quel piccolo rifugio di pace che ritrova per tre volte a settimana. Sa che può fare una doccia calda, oppure una siringa nuova per non dover fare i conti col rischio delle malattie. Poco dopo è il turno di una ragazza, si ferma a parlare con l’operatrice, beve un bicchiere di thè e scompare nel chiasso della città.  

«Il nostro approccio è di tipo relazionale ma non salvifico, noi lavoriamo per migliorare le condizioni di salute della persona – racconta Paola mentre allestisce il camper e sistema due contenitori di thè per chi ha bisogno di un po’ di refrigerio dal caldo della giornata –, se viene utilizzata una siringa usata e la persona si ammala di conseguenza ci saranno ricadute anche per la collettività in termini di salute e spesa pubblica". Gli operatori annotano su un foglio le presenze della giornata, ma non è necessario dare nome e cognome per poter usufruire del servizio. "Hanno bisogno di fidarsi, ecco perché per noi è importante instaurare un dialogo che non sia inquisitivo. Agiamo sui rischi e sui comportamenti che possano pregiudicare la loro condizione fisica, rendendoli più consapevoli. Spesso hanno poco conoscenza perfino delle sostanze o dei mix potenzialmente letali che assumono o dei farmaci salvavita per overdose da oppiacei". Lavorano per salvare le persone in stato di bisogno, una missione che merita di essere raccontata per gli indubbi lati positivi che porta con sè.

© RIPRODUZIONE RISERVATA