Un mese fa, era il pomeriggio di mercoledì 11 gennaio, la morte di Davide Piampiano, il 24enne deceduto, al fosso delle Carceri, per un colpo di fucile esploso da Piero Fabbri, 56 anni, amico del ragazzo, ora in carcere con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale. Una vicenda che ha provocato un cordoglio enorme e una partecipazione corale, come testimonia la tanta gente che ieri, nella Cattedrale di San Rufino, ha voluto ancora una volta stringerci intorno alla famiglia di Davide. Dramma che, inizialmente, era stato ricondotto a un incidente, come se Davide, forse scivolando o cadendo, fosse stato ucciso da un colpo partito dal suo stesso fucile. Ipotesi avanzata sulla scorta degli elementi raccolti dai Carabinieri interrogando le persone che erano con lui o in zona: un coetaneo, con il quale Piampiano andava a caccia, e poi Piero Fabbri, che Davide chiamava "il mio secondo papà". Poi, il 27 gennaio, la clamorosa svolta - anche se l’autopsia aveva già incrinato molte certezze -, grazie a un video registrato dalla telecamera che Davide indossava: l’arresto di Fabbri individuato quale presunto autore dell’omicidio del ragazzo. I filmati della GoPro hanno permesso di stabilire che il colpo fatale certamente non era stato esploso dal fucile del Piampiano, ma da quello di un terzo, facendo scattare l’arresto per Fabbri. Con il filmato che evidenzia i tentativo di depistare le indagini alterando lo stato dei luoghi, scaricando l’arma di Davide, disfacendosi del proprio fucile e della propria giacca da caccia e soprattutto omettendo di chiamare tempestivamente i soccorsi, avvisati solo dopo vari minuti da un altro giovane. Il gip di Perugia ha già respinto l’istanza di revoca della misura cautelare avanzata dalla difesa. Ora dovrà pronunciarsi, il 17 febbraio il Tribunale di Perugia. Il fascicolo, intanto, è approdato a Firenze, competente in quanto la mamma di Davide è giudice onorario del Tribunale civile di Spoleto.